Al MaM, tante mamme e un dubbio

Ieri sono stata al MaM a presentare il mio libro, ridacchiando tra me e me e pensando a quanto è strana la vita – da childfree a frequentatrice di eventi mammeschi, se me lo avesse profetizzato uno che legge i tarocchi avrei pensato “Il solito ciarlatano, ho buttato via 10 euro”.
E invece.
Doverosi, doverosissimi i complimenti all’organizzazione in generale e a Jolanda in particolare: tutto è filato liscio, gli interventi sono stati puntuali e interessanti, c’erano tantissime attrazioni per i bimbi presenti (per una volta, era un evento children friendly, ma davvero).
Ho solo un dubbio, una domanda che avrei voluto rivolgere alle donne presenti ma per motivi di tempo ovviamente non ho potuto. Un dubbio che, dopo aver letto il commento di Luciano, si è rafforzato. E che si può riassumere nell’eterno dilemma che mi pongo di fronte alle quote rosa:  dove inizia il rischio di autoghettizzarsi? Come evitarlo?
Io ho ascoltato alcuni interventi, conosco, di persona o virtualmente, molte delle mamme coinvolte e in generale mi sembra doveroso muoversi nel mondo, anche lavorativo, come mamme e non solo come professioniste. Non fosse altro che per le diverse necessità che nascono e i numerosi problemi da fronteggiare non appena arriva un figlio.
Penso che possa essere fonte d’ispirazione, per una neomadre, ascoltare quelle che, anziché chiudersi in casa, grazie a creatività e sacrificio si sono inventate o reinventate un lavoro. Credo fermamente che fare rete sia una grande dote femminile, e che si possono trovare aiuti e comprensione, o anche solo un po’ di ascolto empatico, in un’occasione come quella del MaM, conoscendo altre madri e confrontandosi.
Però forse nel 2009 è un po’ poco.
Nel senso che prima di tutto mi chiedo perché solo quando diventiamo mamme proviamo a uscire dal guscio,  a smettere di farci la guerra fra poveri che solitamente contraddistingue la vita lavorativa al femminile (so che a molte non è successo; a molte, però, sì), a tenderci la mano. Forse sarebbe il caso di farlo da donne, e non (solo) da madri.
E, se davvero diventare madri ci fa trovare una nuova solidarietà e un nuovo slancio, perché non usarlo per diventare un vero interlocutore sociale e politico e fare reali pressioni affinché cambino davvero le cose? Parlo di asili nido-miraggi, orari di lavoro elastici solo in un senso e piccoli ricatti aziendali che rendono impossibile, o molto complesso, mantenere il posto in ufficio. Parlo di piccole e grandi discriminazioni, parlo di telelavoro che non esiste e di quel 20,1% di madri che secondo l’Istat abbandona il lavoro dopo il primo figlio.
Tante volte ho letto e sentito dire che il concetto di pari opportunità sarà raggiunto quando non ci sarà più bisogno di sottolinearlo e sono d’accordo. Allo stesso modo però penso che le madri imprenditrici, lavoratrici, che usano la loro creatività “anche” fuori casa, debbano diventare una cosa normale. Che si incontrino per aiutarsi e fare network, moltiplicare le occasioni, va benissimo, certo; ma credo sia ora, insieme, di iniziare a mirare un po’ più in alto.

30 thoughts on “Al MaM, tante mamme e un dubbio

  1. io da non-mamma sottolineerei che nel 2009 sia meglio parlare di gestione dei figli come un questione che riguardi i genitori e non solo le mamme. Io credo che nel 2009 sia tempo di congedi di paternità, di part time presi anche dei padri e non solo delle madri. Io credo (ma da non-mamma) che il concetto di pari opportunità nasca anche da madri meno disposte a fare passi indietro e funambolismi e da padri disposti a stare in equilibrio sulla corda insieme alle loro compagne. Ditemi voi mamme cosa ne pensate.

  2. Gentile Blimunda, non ho avuto il piacere di conoscerti personalmente… spero ci sarà occasione una prossima volta. Secondo me le mamme che si sono reinventate un lavoro per conciliare i bisogni della famiglia sono delle pioniere e con il tempo questo faciliterà il raggiungimento dei vari obiettivi di cui parli. Inoltre personalmente ho al momento messo in STOP la mia carriera di ingegnere non perché mi è stato imposto dall’azienda, ma perché sto investendo sulle mie figlie: ho fatto una scelta consapevole. Ho deciso io di restare a casa più del tempo previsto per “legge”, ma ciò mi ha permesso di avere il tempo per sviluppare la creatività (ritornando tutte le sere a casa alle 18:30 non credo che avrei avuto le stesse opportunità). Sono d’accordo anche con Miro, anche il papà ha diritto a scegliere di investire sui figli. CIAO!

  3. Io penso che, aldilà delle difficoltà oggettive come quelle che si incontrano sul lavoro o nella nostra società, le mamme dovrebbero iniziare a non parlare solo di mammitudine e dei loro figli. Vedo in giro molti blog di donne che sono concentrate solo nel raccontare la loro vita di madri, diventando in un certo modo figure piatte, concentrate solo su un aspetto della vita. Mamme che parlano di figli, educazione, società, ma sempre incentrando tutto sull’essere madri.
    Invece penso che essere monotematiche non paghi, in tutti i campi. Che fine ha fatto la donna che era in queste mamme prima che diventassero genitrici? Che interessi aveva? Cosa leggeva? Dove andava? Cosa ne pensava della situazione politica? Eccetera…
    Ecco, a me i blog mammeschi monotematici non piacciono e credo che le mamme che fanno così creino una sorta di club un po’ noioso per chi ha anche altri interessi.
    Il tuo blog non è così, invece.

  4. E’ bello trovare queste riflessioni da parte di non mamme e neomamme. Io ho due figlie femmine di cui una maggiorenne e voglio rispondere qui con quello che dico da più di venti anni alle mie creature: una donna non deve per nessun motivo rinunciare alla maternità ne posticiparla a quando tutto intorno risulta perfetto e fiabesco. Una donna ha in se la capacità e il talento per tirere su un figlio da sola…come una ragazza madre, una divorziata o una vedova. Un figlio non limita lo sviluppo della propria personalità ne la impoverisce anzi al contrario la arricchisce di competenze straordinarie. Ogni donna apprende dalla maternità una miriade di concetti che non si leggono sui libri ne all’università. I figli non la rendono schiava ma imprenditrice di se stessa! Se la società non è un’azienda e il nucleo familiare non è una fabbrichetta…il rapporto madre figlio è assolutamente paragonabile all’andamento virtuoso di un progetto imprenditoriale: ricerca, marketing e applicazione in un continuo scambio dove il vero guadagno è del tutto reciproco.
    In tutto questo discorso metaforico io escludo il maschio, marito, padre perchè troppo spesso (come nel governo dello Stato) l’uomo non riesce ad avere un progetto industriale a lungo termine!
    L’uomo diventa sensibile solo quando una donna gli porta via i figli, oppure quando i figli sono grandi e i buoni risultati gli piombano in faccia.

  5. Miro, non posso che essere d’accordo e lo scrivevo qui http://www.blimunda.net/?p=1495. L’aiuto, vero, dei padri è la chiave per liberare le donne da troppi pesi in casa e fuori.
    Mammachefatica: spero con te che siano pioniere, ma soprattutto che lo siano (già) state: cioè, che questa piccola rivoluzione silenziosa acceleri.

  6. la.stefi: completamente d’accordo con te. Da senza figli mi scagliavo contro le madri-monoliti; ragazze brilanti e in gamba che improvvisamente avevano un solo argomento di conversazione, segnatamente la cacca del pupo. Da madre, cerco di mantenere un sano distacco e di essere quella di prima; solo, arricchita da una figlia.
    fabiola: la tua analisi sugli uomini “incapaci di progetti a lungo termine” è triste, ma forse da quello che vedo e sento in giro, tragicamente aderente alla realtà.

  7. Concordo. Il passo è stato importante ma la vedo ancora lontana. E poi, un conto è solidarizzare ad un evento, un conto è proseguire nella vita reale. Io con le altre donne/mamme trovo ancora ostilità ai giardinetti, figurati sul lavoro o altrove!!!
    E’ stato un piacere conoscerti anche se ho rosicato un botto xke M di MS se n’è andata con una copia del tuo libro e io no >.<
    Ehehehehe….
    Alla prossima.
    Anzi adesso ti scrivo una mail!

  8. io non sottovaluterei gli uomini. e dire che non sono capaci di progetti a lungo termine suona un po’ come fornirgli un alibi per non fare. mi suona un po’ come quando mia madre faceva le cose per mio fratello sostenendo che lui non era capace di farle o non era capace di farle bene. e sto parlando di cose semplici, quali mettere in ordine, rifare il letto etc. mio fratello dopo un po’ e’ diventato ‘veramente’ incapace di fare le cose piu’ semplici. e dire che nella vita lavorativa e’ un affermato profesionista… gli uomini sono capaci di fare molte piu’ cose di quanto noi sospettiamo. non forniamo loro alibi per non farle, facendole sempre noi.
    poi ovviamente c’e’ uomo e uomo. e donna e donna. se non ci fosse il mio compagno a ricordarsi di dare da mangiare ai gatti, temo che le due provere creature morirebbero di fame. ma anche questo e’ un alibi. quando il mio compagno non c’e’, i gatti dopo un primo giorno in cui io mi dimentico di loro, riprendono a mangiare regolarmente.

  9. Ommiseria Wonder, scusami, ne avevo una decina di copie in anteprima e poi alla fine le ho date un po’ sì e un po’ no, nella confusione generale, e me ne sono riportate pure alcune a casa. Sono decisamente molto disorganizzata, lato PR.

  10. Miro, forse hai ragione: siamo (anche) noi donne a incoraggiare la loro vita da perapelati, abituati alla pappa pronta. E credo che su questo abbiano molta responsabilità alcune madri di figli maschi che ancora oggi li crescono come dei piccoli sultani.

  11. Esistono persone-monoliti, donne che riescono ad affrontare un solo argomento per volta e con quello ti ammorbano sino a quando non passano al successivo: preparativi del matrimonio, la casa, i detersivi!
    O forse siamo tutti così. Quando “molto preparati” su una materia, la si vuole sviscerare al malcapitato interlocutore, come dovesse darci un voto alla fine. Questo vuoi che si parli di passeggini, vuoi che si parli di lavoro.
    Solo i primi sembrano più banali, ma siete mai capitati in un blog di avvocati?
    Reiventarsi richiede fantasia e non è da tutti.
    Lavorare fuori casa, a volte, è la scelta più facile: in casa tutto il giorno, tutti i giorni, c’è da diventar matti!
    Senza considerare che ricevendo più imput, puoi diversificare il menù dei tuoi argomenti.
    Per farlo oggi, la famiglia è fondamentale: compagno-coniuge, nonni, zii, anche nipoti.
    Il bambino al centro di un mondo di affetti in cui tutti collaborano e si aiutano così che le mamme possano andare a lavorare, perchè il lavoro nobilita l’uomo (e la donna) e rimpigua il portafoglio.

  12. ecco, ora che ho postato anch’io, bella arrabbiata, posso commentare :)
    hai ragione su tutto, ma ho un dubbio sul tuo dubbio. parliamo di quote rosa, o di qualunque cosa sia finalizzata a spingere un ruolo più importante delle donne. abbiamo un problema grosso, in italia, e il problema è che i padri non esistono, e quindi tutto è ribaltato sulle mamme. le quali, però, sono piene di responsabilità e prive di potere. siccome da sole non ce la faremo mai a prendere potere (diciamocelo chiaramente, ci sono un sacco di mamme, anzi di donne, che trovano che le cose vadano benissimo così), ci vuole una spinta dall’alto. in fondo, anche in svezia hanno fatto così. se non altro è l’indizio di una visione strategica del problema (cosa che non è, ad esempio, lo slogan un-nido-per-tutte).
    (ho letto il tuo libro tutto d’un fiato, e mi è piaciuto un sacco. posso dirlo? tu mi piaci un sacco :)

  13. Giuliana: innanzitutto grazie, perchè i complimenti fanno sempre piacere :-) Poi, sulle quote rosa: annosa e dibattuta questione. Meglio obbligare per legge chi ha potere a tenere in considerazione le donne (rischiando magari di dover votare o scegliere una donna solo in quanto tale, e non per le sue competenze) o attendere più o meno passivamente che chi conta qualcosa si accorga del lavoro femminile? Non so. A me le quote rosa fanno paura, sanno di ulteriore ghettizzazione. D’altro canto, senza, continuamo a essere fanalino di coda d’Europa per occupazione femminile e percentuale di donne nei posti di potere.

  14. anche io avevo qualche rospo in gola su alcune affermazioni sentite in mattinata e mi fa piacere sapere di non essere la sola.
    la solidarietà femminile spesso la si trova durante la maternità perché in questo momento diventare madri è un momento critico, di separazione fra un prima e un dopo. un momento che spinge tutte a rielaborare la propria esistenza, in termini di storia, ma anche di scelte di priorità di confronto con modelli (che poi si decida di non averne, di modelli, lo si fa solo dopo essrsi confrontati con tutti quelli a disposizione). ci hanno parlato di progetti per noi, di flessibilità solo per noi, di multitasking solo per noi. ma il problea dell’occupazione oggi va risolto in maniera generale, ripensando il lavoro ma anche il rapporto tra lavoro e tempo libero di tutti, e promuovendo nuovi schemi familiari.
    lo scollamento tra i discorsi e la realtà la si vede anche nel fatto che nessuno dei partecipanti alle tavole rotonde della mattina è rimasto a sentire le blogger…

  15. Ciao Blimunda.
    Credo di aver risposto in parte alla tua domanda con il post nella mia home.
    Sintetizzando, vorrei dire che sono d’accordo con te e che se nel 2009 quello che si fa finora ti sembra un po’ poco è anche perchè noi donne non siamo abituate a pretendere di essere rispettate. La nostra flessibilità al ribasso abbassa l’orizzonte delle nostre aspettative e della fiducia nelle nostre possibilità. Ma, certo, continueremo a sentirci vasi di coccio in mezzo a vasi di ferro finchè non avremo alcuna coscienza di genere applicata. Il bubbone scoppia quando diventiamo mamme perchè tanto prima ci adeguiamo, anzi ce la mettiamo tutta ad ottenere il massimo dei risultati PRIMA del figlio, per capitalizzare poi. Non è così che si combina qualcosa. Insomma, bisogna rompere le scatole. Appena si può.

  16. cavolo scrivo sempre in mezzo alle donne…..il problema è generazionale le nostre mamme ben se ne guardavano da insegnarci a stirare o a fare la lavatrice, non si faceva perchè non stava bene, ai miei tempi un ragazzo con una camicia rosa veniva guardato ben ben di storto, dovete cominciare a seminare e a trattare i vostri figli alla pari, fra qualche anno potrebbe essere tutto differente ma dipende quasi tutto da voi, da voi mamme

  17. luca, sono molto d’accordo con te. Le madri dei maschi hanno in mano il cambiamento sociale, e spero che se ne rendano conto (anche perché saranno quei maschi che un giorno avranno a che fare con la mia bimba :-)

  18. Si quelli che avranno a che fare con la mia devono sottoscrivere il regolamento specialmente all’articolo 8
    se tu farai piangere lei io farò piangere te
    troppo internet 1.0 l’avevo scaricato da bruzzi

  19. Giuliana: hai espresso quello che penso anche io! Sottoscrivo.

    Vorrei dire che, secondo me, le quote rosa sono odiose ma utili perché rappresentano quella fase di transizione necessaria a dare una spinta. Voglio dire: facciamole ‘ste quote rosa. Avremo un periodo misto in cui ci saranno anche donne non meritevoli in certi posti, solo grazie alle quote rosa, però poi ci sarà un ricambio. A furia di vedere le donne in certi posti ci si abituerà e diventerà naturale, come in tutte le cose.
    Io lavoravo nell’informatica e vi assicuro che 20 anni fa c’erano poche donne. Adesso credo siano molte di più, no?

    Comunque, a me delude la lentezza della nostra società. A 15 anni vedevo il maschio italiano adulto e pensavo che era figlio dei vecchi tempi, ma che i miei coetanei sicuramente sarebbero stati diversi, sia per merito delle madri, sia per merito loro (che hanno una testa pensante!), sia per merito delle ragazze della mia età che, io pensavo, avrebbero fatto loro capire che i doveri ricadono su entrambi, nella coppia.
    Ora, 20 anni dopo, constato che il 97% delle mie amiche ha mariti “all’antica” e devo trattenermi dal fare commenti per me normali tipo “è giusto che un uomo lavi e stiri” perché verrei odiata dalla maggior parte di questi maschi.
    Il 2% ha la donna delle pulizie, la tata ecc…, in modo da “essere aiutata” e non rompere le palle al marito, che si tacita la coscienza.
    L’1% ha un marito che fa la sua parte.

    E i ragazzini di oggi, come sono messi? Mamme di maschi: diteci la vostra!

  20. Cara Blimunda,
    ironia della sorte e del destino, mi ricordo che ho cominiciato a commentare intensamente sul tuo blog quando mia mamma si è fracassata il femore destro. E ti leggevo, leggevo le tue storie di neo mamma io che mamma non sono purtroppo, nei momenti in cui tornavo a casa distrutta. Adesso eccomi di alle 21 e 30 con santa connessione mobile e santo pc portatile mentre mi accigo a trascorrere una lunga notte in ospedale perché la signora ha avuto la bella pensata di sfracanarsi il femore sinistro. Sto qui in bilico con il pc sulle ginocchia, seduta su una sdraia reclinabile che mi ha prestato il bagnino. Si perché l’ospedale (regionale di Torrette Ancona) CONSIGLIA per la note la presenza di un familiare, ma non ti fornisce neanche uno sgabello. In effetti, siccome infermieri e inservienti sono pochi, consiglia la presenza di un familiare sempre e siccome mio fratello vive in Germania i turni me li cucco io, grazie a Dio con due zie che mi danno una mano. In più dovrei anche lavoare da libera professionista e l’altro femore mi è costato il non rinnovo di un contratto.
    Ecco tutta questa pippa per dire che, ragazze, non ci sono solo i problemi delle mamme con i bimbi, qui è il sociale ad essere un casino totale e se non ci siete ancora passate vi avviso il comparto anziani/sanità è un dramma.
    Scusate se sono andata fuori tema.
    ps complimenti per il libro, mi sono divertita molto a leggerti nel blog e condivido molto il tuo approccio alla maternità, quindi appena di trovo in zona ti acquisto e regalo anche una copia a mia cognata che per le figlie di 6 e 3 anni ha messo in letto a castello in camera sua. Tutti e quattro insieme appassionatamente. Non li sento da un po’, lei non può parlare al telefono se le figlie sono a casa… che dici ha bisogno di leggerti?

  21. E’ un secolo che non commento sul tuo blog, Bli, ma visto che sono stato citato… ;-)

    Se è vero che oggi un figlio è un progetto di coppia, non capisco perché gli oneri del progetto debbano essere ripartiti in maniera diseguale né come possano esistere mariti all’antica.

    La mia collega fa i turni di bambino col marito come se fosse in fabbrica: alle 14 va a casa e il marito lavora. Certo, sono aiutati dal fare entrambi lavori flessibili, ma il punto è concettuale: il figlio è di tutti e due, e tutti e due ce ne occupiamo allo stesso modo.

  22. Ciao Marina, mi spiace molto di risentirti in questa brutta situazione. E hai ragione; che sia cura di infanti o cura di anziani, il grosso della fatica tocca sempre a noi. Per la tua amica che ama le camere da letto affollate, e non in senso erotico: tu prova a passarle il libro, ma ho il sospetto che non basti… Ti abbraccio forte.
    Corrado: per quel poco (o tanto, vassapere con queste conoscenze anche virtuali) che ti conosco, e soprattutto per quel poco o tanto che conosco la Miro, non ho dubbio alcuno che ti sei/sarai un uomo 50%, inteso come dividersi onori e oneri a metà. Ma sei anche un uomo intelligente, per cui lo sai, vero, di rappresentare un’aurea eccezione?

  23. Grazie Blimunda, che tristezza però essere qui a parlare di donne che lasciano il lavoro (o vengono lasciate dal lavoro…) per occuparsi dei figli in assenza non solo di mariti, ma anche di asili ed annessi, di donne che se hanno anziani a cui badare è un casino totale perché il pubblico latita (anche in ospedale, cazzarola, anche in ospedale, ma io pago un botto di tasse anche per la sanità e non voglio star qui la notte), quasi, quasi mi metto a piangere.
    La signora con pupe in camera è mia cognata e credo che l’erotismo si sia fermato al concepimento della seconda pupa.

  24. è lo stesso problema che c’è in politica: perchè le donne non votano le donne?

  25. Non ti conoscevo, ti ho sentita parlare al MaM.

    Interessante e condivisibile quello che hai scritto. Non mi voglio ripetere, spero davvero che si riesca a fare qualcosa. Io però sono un po’ pessimista.

  26. Princy, no in questo caso non sono d’accordo. La politica, secondo me, non ha genere, quindi io voto l’idea, il pensiero, l’azione, non il sesso. E poi, sincerissimamente, qui dalle mie parti la politica non ha mai partorito novelle sufragette, anzi tutto il contrario. In questo ambito, infatti, le donne si sono perfettamente allineate al maschio pensiero che potrei sinterizzare così “famose un pacco di affari nostri e se possibile sistemiamo pure tutti gli amici”.

  27. Princy, su questo sono d’accordo con Marina (scusa il bisticcio, dato cher sei Marina anche tu :-)
    Io non voterei mai una donna a prescindere, ma se e solo se mi convincesse. Certo è che senza quote rosa, chi detiene il potere, ossia gli uomini, non candida sufficienti donne. E allora posso non avere l’occasione di consocere la donna che mi convincerebbe perché non è candidata…il gatto che si morde la coda.
    Renata: capisco: a tratti, sono pessimista anche io.

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