Coach e counseler, mai più senza?

Per lavoro sto frequentando una serie di corsi di coaching. Quelli con nomi tipo “Leader di te stesso”, “Conquista i tuoi obiettivi” o anche “Impara a fare i soldi”.
Per me è la prima volta, nonostante intervisti più o meno settimanalmente coach, counseler e piennellisti (ossia esperti di PNL, Programmazione Neuro-linguistica: per saperne di più, qui l’opinione del Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale e qui il portale ufficiale).
Perché in Italia il giornalismo è affetto da intervistite e opinionite, come spiega benissimo Marco Travaglio nel suo eccellente La scomparsa dei fatti (l’autorità del giornalista non esiste: per ogni tesi sostenuta si devono “sentire un po’ tutti”, ossia tuttologi, soubrette, attori, cantanti, psicologi e non importa se chi “senti” non ha la più pallida idea dell’argomento sul quale sta pontificando).
Confesso comunque che credevo di annoiarmi di più: due giorni pieni, otto ore, ad ascoltare frasi e guardare schemi sono trascorsi più lisci del previsto. In effetti il modo di esprimere concetti, anche banali o ovvi, ha un che di ipnotico che alla fine ti coinvolge, anche partendo da un notevole scetticismo come il mio. Ti sembra di ascoltare cose dette apposta per te (un po’ come quando leggi l’oroscopo e ci azzecca…), nozioni che magari sapevi già ma che nessuno ti aveva mai sciorinato davanti tutti insieme e con chiarezza.
Il fatto è che una volta uscita dal corso, come temevo, non avevo già più niente in testa. Pensavo a ciò che avevo appena ascoltato e nulla, scivolato via dalla memoria come un vino scadente dal palato. Forse questa è la molla che spinge a ripetere corsi su corsi all’infinito: ti fanno baluginare un’illuminazione, la speranza di una vita diversa che sembra vicina ma poi non viene mai raggiuunta del tutto o posseduta pienamente.
E forse è anche per questo che nonostante di guru e sedicenti tali ne conosca a mazzi, non ho mai frequentato un seminario del genere che aiuti a motivarmi, a fissare gli obiettivi e raggiungerli. Credendo, forse erroneamente, forse no, di essere perfettamente in grado di prendere decisioni autonomamente e di conoscere, arrivata sopra i 30, i miei punti deboli e quelli forti.
Ovviamente, mi misuravo dietro il mio braccio: ossia, pensavo, se io la vedo così, la maggior parte delle persone la pensa come me, e se ha una cultura media e qualche punto fermo nella vita, non penserà mai di buttare centinaia e centinaia di euro per sentirsi dire come vivere la sua vita (i corsi, solitamente, sono piuttosto costosi).

Mi sbagliavo.

Mi sono resa conto che la gente ci va, eccome. Gente normale, in gamba, sveglia, magari con lavori in proprio, belle vite. Non disperati, insomma. Gente che però parla solo di passati seminari, weekend intensivi, training che hanno nomi come “Energy” “Master di te stesso” “Armonia” o cose così.
Io sono basita. Ma d’altronde ho fatto un po’ di ricerca e ho trovato che negli Usa (e quindi, a breve, anche da noi) esiste addirittura il parent coach, pronto a intervenire se il pupo frigna un po’ troppo o i genitori sono in piena crisi educativa.

Alla fine, penso che per qualcuno questi corsi possano essere anche utili, soprattutto quelli che ti danno informazioni pratiche davvero applicabili per migliorare (un po’) la tua vita. Ma ho anche paura che stia passando il (pericolosissimo) concetto che senza un mentore, possibilmente a pagamento, non sei in grado neppure di scegliere la camicetta da indossare al mattino.

8 thoughts on “Coach e counseler, mai più senza?

  1. ma hai spiegato che per fare soldi bisogna non pagare la retta del corso?è già un inizio….

  2. ma non basta la “psicoterapia di grado zero” cioè la sana chiacchierata/sfogo/consiglio con l’amica quando sei in crisi ?

  3. Adoro l’ultima frase di questo post!

  4. La cosa divertente è che ormai molti manager frequentano questi corsi o hanno un coach al loro fianco pronti a “guidarli” nei modi e nelle scelte.
    E’ divertente perché, in un incontro tra 2 manager, il metodo funziona se uno dei non conosce la varie tecniche di relazione “evoluta”. In caso che entrambi le conoscano l’incontro diventa una battaglia a chi è più gentile, a che sorride di più, a chi applica la regola del silenzio per ascoltare (e nessuno parla) e via così.
    E poi, è così evidente quando una persona ha frequentato questi corsi: quando vado ad un appuntamento e la persona che incontro mi sorride in modo esagerato ed è estremamente gentile con me, capisco che è un Corsaro (come li chiamo io), un celebroleso con infrastrutture comportamentali artificiali.
    Ma è così bello essere spontanei e assumersi il rischio di un incontro andato male perché quel giorno girava male.

  5. “ha un che di ipnotico che alla fine ti coinvolge, anche partendo da un notevole scetticismo come il mio. Ti sembra di ascoltare cose dette apposta per te (un po’ come quando leggi l’oroscopo e ci azzecca…)”

    Fior di lauree spese per creare esattamente questo ‘effetto’.
    Che pensare? Come avrebbe detto Corrado Guzzanti con l’indimenticabile Quelo: C’è grossa crisi!

  6. Baltasar: l’incontro fra due manager “Corsari” mi è piaciuto molto :-)

  7. Ecco, volevo commentare l’altro giorno, per ringraziare del link dell’articolo del cicap sulla PNL, molto interessante, e poi il lavoro mi ha distratto.

    Condivido sull’utilità delle informazioni pratiche e senz’altro Baltasar ha colto nel segno con l’esempio dell’incontro tra “agglomerati di tecniche”.

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