Cuenca e le Ande

Sorvoliamo sul fatto che l’hotel “4 stelle” che avevamo deciso di concederci una tantum per riposarci dalle fatiche del viaggio sembrava quello di Shining sotto acido, con le finestre che davano sui corridoi interni, i copriletti di raso da bordello e la decantata Jacuzzi “in riparazione”.
Andiamo sulla città.

Se arrivate a Cuenca di sera, occhio alla delusione. Quella che nelle guide vi viene descritta come una città “solare, universitaria, piena di giovani” potrebbe apparirvi invece come una ghost town fredda e piovigginosa. Le città delle Ande sono così: se cercate vita notturna, non fanno per voi. La rigidità del clima e la chiusura degli abitanti non contribuiscono a creare un’atmosfera allegra.
Ma la mattina dopo, se spunta un po’ di sole, i tetti di coppi rossi brillano, le case coloniali risplendono di nuovo di stucchi e riccioli barocchi, e il mercato si riempie di donne che vendono cesti di vimini Panama lavorati a mano (si perché il Panama, anche se si chiama Panama, si fabbrica qui).
Ci prendiamo un giorno per girare pigramente il centro storico, le due cattedrali, la nuova e la vecchia, che si dividono la piazza centrale del Parque Calderon e la bella chiesa di San Blas. E anche per decidere l’escursione del giorno dopo tramite il Mama Kinuà Cultural Centre, un centro gestito da indigeni Canari-Quechua che organizza visite alle comunità andine in alta quota per finanziare attività di recupero e aiuto ai bambini e alle famiglie.

Partiamo presto la mattina seguente, per salire, pigiati su un taxi che fa sembrare lussuosi quelli del Cairo, fino a 2.900 metri. Risaliremo ancora a piedi fino ai 3.000, lentamente, nell’aria azzurra, camminando piano per non soffrire l’altitudine e per apprezzare il panorama delle vette innevate della Cordigliera.
La nostra guida ci racconta la loro vita su questi monti: compone musica tipica e canzoni in lingua Quechua, fa crescere i figli e cerca di raccontare la loro storia di primi abitanti di questa terre massacrati, cacciati, umiliati per secoli. Ci mostra le foglie per curare lo stress (ne chiediamo una tonnellata, ma è impossibile portarle via…) e quelle per il mal di stomaco.
Attraversiamo un bosco sacro agli Inca: il terreno, compattato da secoli di terra, foglie cadute e passi elastici degli indigeni, è morbido come un tappeto di gomma. In cima ci fermiamo a riposare in silenzio attorno all’albero sacro che ha visto secoli di danze rituali. Sembra che tutto si sia fermato, il silenzio è quasi irreale. Da un belvedere osserviamo l’altipiano: laggiù, lontano nell’azzurro, c’è il Perù.
Riscendiamo calpestando un pezzetto del sentiero Inca, quello che da Loja conduceva appunto fino in Perù. E poi la nostra famiglia indigena che ci accompagna ci prepara il pranzo, steso su una tovaglia sull’erba, per entrare in contatto con la Pachamama, la Madre Terra. Pollo, mais e riso, mangiati direttamente dalla tovaglia con cucchiai intagliati nel legno.

Poi è il momento della vita quotidiana: impariamo a filare la lana di alpaca con un fuso di legno artigianale, che Maria, una delle guide, porta infilato nella cintura e gira rapidamente mentre cammina, senza neppure guardare. E a macinare i chicchi di mais tostato pestandoli tra due pietre fino a ottenere una farina bianca e polverosa. Fatte per cinque minuti sono cose da turisti, certo, buone per far sorridere i bambini indigeni nei lori vestiti coloratissimi. Ma quella è la loro vita: nel pàramo, l’altopiano andino bellissimo ma gelido, senza luce né acqua corrente nelle case.

Torniamo in città con l’idea di avere appena sfiorato una civiltà antica. La nostra guida, impenetrabile, col viso intagliato nel legno, fedele alla sua chiusura andina, non ci ha concesso un briciolo di più del dovuto: abbiamo pagato per vederli, li abbiamo visti.

Ma anche questo piccolo cono di luce che in qualche modo abbiamo proiettato sulle loro vite, lontane mille miglia dalle nostre, forse può arricchirci in qualche modo.

2 thoughts on “Cuenca e le Ande

  1. Anche questi racconti arrichiscono noi stanziali. Grazie e alla prossima. ;-)***

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