Donne hi-tech o hi-tech femminile?

Ieri, come scritto, ero al convegno di apertura di Inedita Blog. Una manifestazione ideata, creata, resa possibile grazie all’impegno continuo di due donne davvero fuori dal comune, Marina Bellini e Mitì Vigliero Lami le cui interviste appariranno presto su queste pagine.

Ma siccome durante il dibattito di ieri Marina, a proposito anche di questo blog, mi ha chiesto se davvero la Rete è donna, o più donna di prima, mi è venuto in mente (un po’ in ritardo, classica sindrome da esprit de l’escalier) ciò che mi ha detto qualche giorno fa Pietro Rutelli, psicologo dei consumi e docente dello Iulm. L’argomento era una mia inchiesta sulle nuove abitudini di shopping al femminile; una delle novità emerse è che le donne acquistano e “consumano” sempre più tecnologia: e Rutelli dice:

<<Ma questo non vuol dire che si siano trasformate improvvisamente in “smanettone”, o che abbiano perso delle caratterstiche tipiche del loro sesso: è la tecnologia che si è femminilizzata. Oggi serve per comunicare, scambiarsi emozioni, interagire con gli altri; la tecnologia amata dalle donne ha una forte valenza sociale>>.

A me questa interpretazione piace molto.

E la rinforza una della più grandi trendspotter ed esperte di marketing, Faith Popcorn, che in uno dei suoi saggi scrive:

<<Se parliamo di donne, le aziende devono capire una cosa: è ora di scordarsi gli oggetti rosa. Per troppi anni i business makers hanno pensato che per colpire le consumatrici bisognasse fare leva su nozioni antiquate di femminilità; cuori, boquet di fiori, abiti froufrou. Niente di più bagliato, oggi>>

Vero. Se fosse stata a InEdita, sarebbe stata felice.

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