La canzone del punto di svolta

Mia madre mi disse, non devi giocare
Con gli zingari nel bosco
Ma il bosco era scuro, l’erba già verde
Dite a mia madre che non tornerò.
(Sally, Fabrizio De André)

Credo ci sia sempre, nella vita di tutti noi, un punto di svolta, o forse anche più di uno. Un momento in cui si aprono gli occhi, un istante che si ricorderà negli anni a venire come quello in cui abbiamo visto – temporaneamente, a tratti, magari erroneamente – la luce.
E di quel momento, negli anni a venire, ci ricordiamo una canzone, un libro, una sensazione, una frase che ci ha detto un amico. Un qualcosa che, anche se il cambiamento, la decisione, lo scarto improvviso erano già dentro di noi, ci ha fatto decidere, capire, scegliere. Cadere dalla parte giusta.

Io vivevo a Genova, mi stavo per laureare. Scrivevo pressoché gratis sul Secolo XIX, (10.000 lire un pezzo, 5.000 una breve, una media di dieci anni di quella vita per poter lontanamente aspirare a un posto; parliamo del 1995, non è che i giornalisti precari li abbiano inventati oggi). I miei genitori volevano che io lavorassi nell’agenzia di assicurazioni di famiglia, come avevo fatto durante l’università. Io mi sentivo soffocare. Io volevo andarmene, io mandavo cv in tutto il mondo, io volevo partire.
All’epoca sognavo di sparire una notte, di prendere il treno dalla stazione Principe e arrivare a Calais e poi traghettare dall’altra parte, vedere le bianche scogliere di Dover e arrivare a Londra. Il treno, come avevo fatto anni prima durante l’Inter Rail. Non l’aereo che – sembra io sia nata due secoli fa, ma è così – in quegli anni era troppo distante, troppo costoso, troppo adulto.

Comunque, non sono mai partita, perché sono sempre stata troppo brava bambina per farlo. E un giorno sono andata a fare un colloquio con un amico di famiglia, che lavorava in un’agenzia marittima (e dove se no, a Genova?). E sono stata in un ufficio al primo piano di via Cairoli, una via bellissima, tra l’università, i palazzi nobili e i caruggi più disastrati, posti dove mi perdevo quasi tutte le mattine, tra una lezione e l’altra, o tra una lezione e nessuna. E lui mi parlava del posto che si sarebbe liberato, e delle lettere di carico da scrivere in inglese e francese, e io guardavo i mobili scuri, vecchi, la polvere che luccicava, il sole che entrava di sbieco e mi vedevo tutti i giorni, tutto il giorno lì dentro a battere a macchina (sì, a macchina) lettere che descrivevano il contenuto dei container da caricare sulle navi o cose del genere.

E giù dalle scale di marmo di quel bellissimo palazzo di via Cairoli mi veniva da piangere, perché pensavo con che coraggio avrei rifiutato un postofisso del genere se davvero me lo avessero proposto. E quando ormai ero in strada, camminando a testa bassa verso piazza della Meridiana, con gli occhi già lucidi, da un negozietto di dischi lì vicino che adesso chissà che fine avrà fatto arriva una canzone, di De André ovviamente, tanto chi mi conosce lo sa che sono monomaniaca, e diceva proprio quello che pensavo io, dite a mia madre che non tornerò. Anche perché era il tempo in cui ancora le cose mi parlavano.

E quindi alla fine, non che finora abbia fatto granché di altro in questa vita che più o meno mi sono scelta, ma almeno non ho fatto proprio tutto quello che gli altri si aspettavano da me, ed è già qualcosa.

50 thoughts on “La canzone del punto di svolta

  1. Barbara, hai fatto bene. Perché tra le aspettative altrui e i propri sogni c’è sempre una terra di mezzo che si chiama realtà. E a volte è perfino più affascinante dei sogni, col vantaggio aggiunto di essere inattesa.
    Insomma, io sarei fiero già solo del fatto di aver *scelto* questa vita. Non l’hai subita e non te la sei imposta (come fanno i sognatori estremisti, che vivono perennemente frustrati).

  2. Suz, ho subito e mi sono state imposte alcune cose, come, credo, più o meno a tutti. Però sì, vivere la realtà, inaspettatamente, può essere molto più interessante di quello che credevi. Soprattutto, di quello che credevi a vent’anni.

  3. Non c’entra niente, ma stamattina mi è venuta in mente la mia faccia quando ho visto il sacchetto di caramelle e ho riso molto (e sì, invece c’entra)

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  4. Non c’entra niente, ma stamattina mi è venuta in mente la mia faccia quando ho visto il sacchetto di caramelle e ho riso molto (e sì, invece c’entra)

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  5. E’ un bel post. Ha però un sapore di vita vissuta a metà. Forse qualche sogno vale la pena lasciarlo nel cassetto. Se no poi non hai più sogni e desideri per conciliare il sonno la sera.

  6. Caspita, anche io avevo la stessa sensazione sugli aerei, quando avevo all’incirca 20 anni. Soprattutto mi sembravano i mezzi dei ricchi… A pensarci ora… (comunque bel post. Io sono pecora nera e ho sempre fatto il contrario di quello che si aspettavano da me, quindi non lo capisco fino in fondo, ma è bello)

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  7. Caspita, anche io avevo la stessa sensazione sugli aerei, quando avevo all’incirca 20 anni. Soprattutto mi sembravano i mezzi dei ricchi… A pensarci ora… (comunque bel post. Io sono pecora nera e ho sempre fatto il contrario di quello che si aspettavano da me, quindi non lo capisco fino in fondo, ma è bello)

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  8. no, no niente lacrime, quelle le spendo già io con la scusa della maternità (tardiva). @mafe, c’entra eccome, c’entra tantissimo.

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  9. no, no niente lacrime, quelle le spendo già io con la scusa della maternità (tardiva). @mafe, c’entra eccome, c’entra tantissimo.

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  10. (uh, quanta immedesimazione: mia. di quando il more-suocero mi disse, ti pare che con un figlio puoi continuare con quel lavoretto in teatro? c’ho qui un posto d’assicuratore per te e io gli ho risposto scrivendo – l’utilissima a fini professionali – tesi sul concetto di scrittura e opera d’arte nella filosofia contemporanea; o di quando, ormai laureato, entrai nella PA dove da 30anni lavoravano sia madre che padre. per uscirne il prima possibile. e canticchiando teresa parla poco, ha labbra screpolate, mi indica un amore perso, a rimini, d’estate.

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  11. (uh, quanta immedesimazione: mia. di quando il more-suocero mi disse, ti pare che con un figlio puoi continuare con quel lavoretto in teatro? c’ho qui un posto d’assicuratore per te e io gli ho risposto scrivendo – l’utilissima a fini professionali – tesi sul concetto di scrittura e opera d’arte nella filosofia contemporanea; o di quando, ormai laureato, entrai nella PA dove da 30anni lavoravano sia madre che padre. per uscirne il prima possibile. e canticchiando teresa parla poco, ha labbra screpolate, mi indica un amore perso, a rimini, d’estate.

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  12. diego, fratello (tornano pure le assicurazioni). Per la cronaca, le tre volte che mi sono licenziata avevo sempre in testa "Mi sono vista di spalle che partivo".

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  13. diego, fratello (tornano pure le assicurazioni). Per la cronaca, le tre volte che mi sono licenziata avevo sempre in testa "Mi sono vista di spalle che partivo".

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  14. (solo più questa poi la pianto) lì, a me viene su: tu bandito senza luna, senza stelle e senza fortuna, questa notte dormirai col suo rosario, stretto intorno al tuo fucile.

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  15. (solo più questa poi la pianto) lì, a me viene su: tu bandito senza luna senza stelle e senza fortuna questa notte dormirai col suo rosario stretto intorno al tuo fucile.

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  16. (solo più questa poi la pianto) lì, a me viene su: tu bandito senza luna, senza stelle e senza fortuna, questa notte dormirai col suo rosario, stretto intorno al tuo fucile.

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  17. (solo più questa poi la pianto) lì, a me viene su: tu bandito senza luna senza stelle e senza fortuna questa notte dormirai col suo rosario stretto intorno al tuo fucile.

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  18. Mi ha davvero impressionato molto leggere il tuo post in questo momento. Mi sono sempre sentita affine a te sotto molti punti di vista, soprattutto quello di essere cittadina del mondo, pur avendo radici molto forti nella città natia.

    E’ veramente una coincidenza che io questo week end sarò proprio a Genova P.P. in treno, verso il paese straniero (Francia) dove inizierò una nuova vita. Con la scommessa di un nuovo lavoro che dia tranquillità alla mia anima e, per una volta, non ai miei genitori come è stato da sempre.

    Ci ho messo 10 anni per prendere questa decisione. Ma prima so che non sarei stata capace: “non sono mai partita, perché sono sempre stata troppo brava bambina per farlo”, adesso ho capito che dovevo crescere.

    Per avere il coraggio di accettare una delusione.
    Non la mia nel caso avessi fallito, ma quella dei miei genitori per non essere stata quella che avrebbero voluto, ma essere stata semplicemente me.

    Grazie.

  19. stregatta, anche se arriva (forse troppo) tardi, il momento in cui si recide finalmente il cordone ombelicale è uno dei più belli della vita.
    Goditelo.
    Un abbraccio.

  20. Io canticchio la mattonella a fianco, "Vivrò di carità sulle strade di Spagna,di Francia e di Bretagna e a tutti grideròdi non partire più e di non obbedireper andare a morire per non importa chi"

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  21. Io canticchio la mattonella a fianco, "Vivrò di carità sulle strade di Spagna,di Francia e di Bretagna e a tutti grideròdi non partire più e di non obbedireper andare a morire per non importa chi"

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  22. o che bello il disertore! che bello, che bello, che bello!

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  23. Bel-lis-si-mo. 60/60 a ragioneria quando ad Amsterdam (a vedere i musei…) per festeggiare la maturità ci siamo andati nel corridoio del treno che manco il posto a sedere abbiamo prenotato, le banche che mi venivano a prendere a casa e invece io 14 anni di collaborazione a 5mila (lire…) il pezzo (e una laurea), 4 di contratto a termine prima di un postofisso (sotto un tetto di cartone). Per me fu ‘Giulio Cesare’, uno degli ultimi Venditti che ho ascolato. Ho ritrovato pochi giorni fa l’ellepì (eh sì in vinile) e ascoltato Peppino guardando il mio piccolo e m’è scappata una lacrima

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  24. Bel-lis-si-mo. 60/60 a ragioneria quando ad Amsterdam (a vedere i musei…) per festeggiare la maturità ci siamo andati nel corridoio del treno che manco il posto a sedere abbiamo prenotato, le banche che mi venivano a prendere a casa e invece io 14 anni di collaborazione a 5mila (lire…) il pezzo (e una laurea), 4 di contratto a termine prima di un postofisso (sotto un tetto di cartone). Per me fu ‘Giulio Cesare’, uno degli ultimi Venditti che ho ascolato. Ho ritrovato pochi giorni fa l’ellepì (eh sì in vinile) e ascoltato Peppino guardando il mio piccolo e m’è scappata una lacrima

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  25. “ti sbagli, te l’assicuro”.
    (pensa che io il mio cordone ombelicale da me stesso lo recido domani)

  26. Barbara, di canzoni di De Andre’ ne ho in testa molte anch’io, ed e’ bello che in momenti come questo illuminino la via.. Chissà, magari ci incontriamo alla rotonda della besana a rivedere la mostra che con tanta poesia e’ stata a Genova due anni fa…

  27. Io ho rinunciato al posto in banca. Per una donna è perfetto, mi sentivo dire.
    Ad oggi la mia vita non è andata come me l’immaginavo.
    Ma mi sento piena di vita.

  28. Sono capitata sul tuo blog per puro “caso” (o forse no!?!?) … e … grazie per questo post! In qualche modo quando ho letto la parte finale è come se tu avessi descritto me!!!
    Buona giornata ed ancora grazie :)

  29. Questo post mi ha toccato come da tempo non mi succedeva con un «articolo virtuale». C’è molto di quel che provo io ancora oggi, a 30 anni suonati: una Genova di confine, punto di partenza e punto di fuga, De André, il refrain della «brava bambina», gli attimi che svoltano un’esistenza. O che almeno, ne creano l’illusione. Ammirata, davvero.
    V

  30. ValeWanda, che bella quella mostra!
    SolitaMente, Valentina: grazie a voi, davvero.

  31. Bloccata in macchina da un duenne che nel tragitto casa-spesa si era addormentato … e naturalmente non avevo portato il passeggino … per passare il tempo vengo sul tuo blog, sempre ricco di stimoli, e leggo il tuo post. Comincio a navigare tra vecchi scritti e mi imbatto in questo ” “ Due cose possono regalare i genitori ai figli: le radici e le ali”, che è esattamente ciò che sogno di donare alla mia bimba.”.
    Non è il testo di una canzone del punto di svolta; lo definirei più il punto esclamativo per una decisione presa.
    Quel parcheggio dove ero bloccata è vicino la stazione di Angel a Londra. Da tre anni vivo qui con compagno e figlio. Qui abbiamo staccato il cordone ombelicale dalle nostre famiglie e siamo diventati nucleo autonomo. Ad ottobre torniamo in Italia. Adesso sentiamo la necessità di regalare le radici a nostro figlio e il gusto del poter fare perché sempre sorretto da due genitori alle spalle. Sentiamo la necessità di costruirgli tranquillità, festa e calore intorno. Non avrei mai immaginato che per perseguire questo sogno dovessi ritornare a casa …. vicino casa, giù al meridione!

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