Maternità e lavoro, la soluzione sono i padri

Dalle Sorelle mi sono chiesta se ne vale la pena. Strano esperimento antropologico: credevo che sarei stata fatta a pezzi come retrograda e antifemminista e invece, sorpresa: ho scoperto molte che la pensano come me. Contemporaneamente è uscita su D di Repubblica un’interessante inchiesta che parla di lavoro e genitorialità (e non, come succede sempre da noi, di lavoro e maternità, come se i figli li facessimo da sole, ci riproducessimo per partogenesi) in Italia, UK e paesi scandinavi.
Vecchia storia: la vera uguaglianza, secondo Nicolas Brewer, presidentessa della commissione per le Pari opportunità del governo laburista di Gordon Brown, passa dal coinvolgimento dei padri. Ossia, anziché aumentare le tutele per la maternità (cosa che, già oggi, rende le donne molto meno appetibili per un potenziale datore di lavoro), obbligare anche l’altro genitore a prendere un congedo, retribuito, per alternarsi nella cura del figlio. Cosa che già accade nei paesi scandinavi: in Norvegia ci sono 30 giorni – pagati a stipendio pieno – obbligatori per il padre come per la madre. In Svezia, si concede a entrambi i genitori il part-time. Risultato? In questi paesi, dove a lavorare sono l’80% delle madri, si fanno più figli. Non solo: ci sono studi che dimostrano che dove i padri partecipano attivamente alle cure dei figli, diminuisce il numero di divorzi. Voilà.
Non che in Italia non sia possibile: dal marzo del 2000 gli uomini hanno diritto all’assenza retribuita di paternità.
Ma solo il 4% dei padri sfrutta questo congedo. Per motivazioni culturali (maschilismo, carriera, ambizione, tutta la liturgia machista italica), ma anche economiche, visto che la retribuzione è decurtata del 70%. E siccome gli stipendi pesanti in Italia sono maschili, si torna al problema principale. Se faccio un figlio, o non mi assumono, o mi licenziano, o mi rendono la vita impossibile. Se chiedo l’aiuto del padre, e lui è così sensibile, moderno e illuminato da prendere un congedo di paternità, riesco a mantenere il lavoro ma mangiamo pane e cipolle per sei mesi, io, lui e il figlio.
Capito perché poi si arriva alla provocazione del “ma ne vale la pena”?

16 thoughts on “Maternità e lavoro, la soluzione sono i padri

  1. “riesco a mantenere il lavoro ma mangiamo pane e cipolle per sei mesi, io, lui e il figlio. Capito perché poi si arriva alla provocazione del “ma ne vale la pena”?”

    Se sono solo sei mesi…è che rischiano di essere anche di più. :-) Senza contare il fatto che molte donne non si “fidano” a lasciare tanto spazio al padre. Oppure sono gelose del rapporto col bambino. La “mamma italiana” è un universo un po’ particolare…ahimè…

  2. Paragoni la Svezia con l’italia, ma in svezia lo stato si fa carico del sociale, l’Italia no ed è per questo che quando un lavoratore è per esempio in maternità costa alla’zienda fior fior di miglialia di euro, che una Fiat se li potrà anche permettere ma una piccola azienda con 2/3 dipendenti come fa? Se lo stato si accollasse i costi del sociale le aziende assumerebbero, anche donne incinte peccato che qui il sociale per un bel pezzo è a carico del datore di lavoro, e di conseguenza sono gli stipendi

  3. La Svezia è un posto totalmente diverso dall’Italia. E’ magnifico vedere lo spazio che i padri hanno nella crescita dei figli (e non solo) e mi piace molto anche il “menefreghismo” delle madri, le quali non vivono in simbiosi col loro pargolo come le nostre.
    Diciamo che i problemi arrivano più tardi: nell’adolescenza i figli sono meno seguiti che da noi e si vedono situazioni davvero negative.

    Comunque è vero: lo Stato aiuta e interviene, ma questo sarebbe possibile anche in Italia SE si volesse. Le tasse che paghiamo in Italia sono le stesse che pagano gli svedesi, in quanto ad aliquote. Poi però loro le reinvestono VERAMENTE nel sociale e non le mangiano con opere inutili.
    Risultati? Trasporti efficienti, attenzione alla famiglia, ai disabili (treni accessibili a tutti, con bagni grandi quanto quelli di una normale casa), scuole super fornite dall’asilo all’università, opportunità di studio PER TUTTI, strutture di assistenza per anziani e disabili, eccetera.
    Non è il paradiso, ma sempre meglio dell’inferno.

    Ah, e i giornali che parlano di gravidanza non si intitolano “Donna e mamma”, “Io e il mio babbuino (:-P)”, ma “Vi foereldrar gravid” = noi genitori incinti!
    Tutto un altro pianeta.

  4. “visto che la retribuzione è decurtata del 70%”

    E’ decurtata AL 70%.
    Leggevo che alcuni Comuni come Biella parlano di 80% dell’ultimo salario.
    E’ cambiata la legge o si tratta di una integrazione comunale?

  5. No scusa: è decurtata del 70%, cioè i padri in congedo prendono il 30% dello stipendio.

  6. Hai ragione, ho confuso il congedo di paternità col congedo parentale.
    Rileggendo meglio la normativa ho notato l’esistenza di una disciplina di favore per i dipendenti comunali che prevede per i primi 30 giorni il 100% dello stipendio.
    Dovevi fare la dipendente comunale:-)

  7. Capito perchè sto seriamente pensando di prendere lezioni di svedese e se mia madre chiede un nipotino fuggo a gambe levate?!?!=P

  8. Comunque anche in Italia la maternità la paga l’INPS, mica l’azienda…

    Magari c’è un sistema di rimborsi macchinoso e lento, per cui nel transitorio immediato la ditta ci rimette qualcosa comunque, questo non lo so.

    saluti
    Lisa

  9. Cara Lisa si nell’immaginario collettivo paga l’inps, nella realtà paga solo l’80% dello stipendio quindi il 20% è già escluso poi ti faccio brevemente due calcoli
    per il periodo che la donna sta a casa il datore di lavoro (che può con un contratto di sostituzione assumere un’altra persona che comincerà a saper fare qualcosa quando dovrà andare via) si accolla
    le ferie che maturano anche se non ci sei la tredicesima e quattordicesima che maturano anche se non ci sei, la liquidazione che matura anche se non ci sei, i permessi retribuiti che maturano (su dai tutti in coro) anche se non ci sei…..aggiungici tasse e contributi ore retribuite per l’allattamento e poi spera di non incappare in uno dei numerosissimi parti a rischio che invece che durare 5 mesi durano 11 12 mesi falli tu i conti io li ho già fatti almeno 8 / 9 volte di cui 2 ragazze su 5 in maternità nel periodo con più lavoro di tutto l’anno…e poi uno si chiede perchè non ti assumono quando c’è il “rischio” che tu possa avere un bambino…… ah salutami l’inps:)

  10. La mia paura oltre a mangiare pane e cipolla per qualche mese sarebbe questa…..e se poi lascio il lavoro per accudire il pargolo e la relazione finisce?
    Meglio fare tutto di corsa e a volte male che rischiare di restare a far niente che poi non ci si può permettere neppure il pane e cipolla.

  11. Caro Graziano, anche io sono d’accordo con Lisa e mi piacerebbe tantissimo che la lavoratrice partoriente fosse al 100%* a carico dell’inps. (ma vivo in italia e non ini svezia)
    Che se da una parte è meglio per il clima, dall’altra avrei più scelta tra le bionde
    *naturalmente io parlo del mio contratto nazionale, quello dei pubblici esercizi(bra ristoranti ect ect), certamente ci saranno altri tipi di contratto ma non credo che siano poi così diversi visto che il parto nel lavoro è riconosciuto a valenza transcontrattuale

  12. Posso dirti la mia diretta e recente esperienza: ho penato talmente tanto con giornate intere buttate all’INPS dove sono dovuta tornare 4 volte (leggiti i post al riguardo sul blog, sono ridicoli…) che al mio compagno è totalmente passata la voglia di farsi venire anche solo la fantasia di chiedere il congedo di paternità. Come minimo tra i documenti gli avrebbero chiesto il certificato di cresima, il congedo del militare, la polivalente e la tesina del liceo. Ha preferito prendersi le ferie. Non pagate.

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