Qualcosa che ho imparato (tardi) sui traslochi

Simplify, simplify

dice Thoreau.

E noi magari pensiamo ah, sì, com’è giusto, che belle parole, certo, ridurre, less is more, eccetera eccetera, e poi ci precipitiamo a ingolfare le nostre case (e quindi, le nostre vite) con tonnellate di ammeniccoli inutili. Belli, eh, per carità. Irrinunciabili, o così almeno ci paiono, che se ce ne dovessimo privare nel sacro momento in cui scatta la pulsione incontrollata all’acquisto, ne moriremmo.
Soprammobili, accessori per la cucina, scarpe, sì, stramaledettissime scarpe, borse, vestiti, piatti, quadri, cornici.
E tutto ci sembra così necessario da non poterne fare a meno, almeno fino a quando non dobbiamo svuotare casa per qualunque motivo e capiamo che forse, ecco, viviamo benissimo anche senza. Finché non veniamo nuovamente posseduti dal demone dell’acquisto, dell’accumulo, dell’accaparramento e ricominciamo da capo in un’altra casa, in un’altra vita, insieme ad altre persone.
Quando vivevo da sola a Milano ho fatto tre traslochi e ogni volta qualche scatolone preparato con tanta cura, arrivato nella casa nuova, non è stato mai riaperto. Idem quando sono tornata da Londra; dopo nemmeno due anni in un bilocale minuscolo, ho pagato un sovrapprezzo spaventoso per il peso del bagaglio. E avevo già spedito 16 scatoloni (sedici!) a casa dei miei a Genova. Quattro di quegli scatoloni, a dieci anni dal mio ritorno in patria, giacciono ancora nella cantina genovese, mai aperti, mai recuperati. Mai ho sentito la necessità di vedere cosa ci fosse dentro. Libri, probabilmente, e decine di Vhs, figuriamoci. Ma allora perché al momento di lasciare la casa londinese ho inscatolato tutto, ho portato quel peso fino all’ufficio postale più vicino, ho scritto mittente e destinatario, ho pagato un bel po’ di sterline e l’ho spedito? Perché è così difficile separarsi dai proprio beni, dalle cose, dalla “roba”?
Il mese scorso, per la prima volta ho affittato la mia casa al mare. La prima volta in cinque anni significa che, più di una casa al mare, era casa mia. E come casa mia, era colma di oggetti, suppellettili, scarpe, vestiti (quelli che: “A Milano non vanno bene, li porto nella casa al mare, così finalmente potrò metterli” e poi, mai usciti dall’armadio per anni, esattamente come a Milano), gli onnipresenti libri, centinaia di Cd. E’ stato un mini trasloco, aggravato dall’assenza di ascensore che colleghi la casa con il box, diventato cantina d’emergenza. C’è voluto quasi un mese per svuotarla da quelli che se te li rubano vengono chiamati “effetti personali”.
Ma tanto personali non dovevano essere visto che, rientrata in possesso dell’appartamento, non ne ho sentito assolutamente la mancanza e ho deciso di lasciarli a languire nel box.
D’altronde, ho inscatolato qualcosa come trenta fra candele e candeline. Quando diavolo ho comprato tutte quelle candele? E per farne che, poi? Per lasciarle in un cassetto e non accenderle perché “Sono così belle, le tengo lì?”. E poi decine di cornici acquistate e mai esposte. Gonnelline improbabili (anche al mare) prendisole tye and dye che mai indosserò nella vita, reperti di mercatini etnici, pantaloni hippy della vacanza a Formentera fatta mille anni fa (prima che ci andassero i calciatori, le veline e Veronica Lario, ecco), collane ricavate da noci di cocco. Bicchieri scompagnati, Guide Routard di dieci anni fa già aggiornate tre volte nel frattempo, costumi da bagno scoloriti.
Perché mai dovrei averne bisogno?  E in più la casa, adesso, sembra grande il doppio. Più ariosa. Anche senza credere al Feng Shui e ai dettami dello spaceclearing, sembra respirare, c’è una nuova energia in circolo, o semplicemente non s’inciampa più negli oggetti accatastati ovunque. In più, le scale per raggiungere il box sono tante, e ripide. Fa caldo. A riportare tutto in casa non ci penso nemmeno.
Spero solo di ricordarmi la lezione per il prossimo trasloco. La prossima casa. La prossima vita.

10 thoughts on “Qualcosa che ho imparato (tardi) sui traslochi

  1. Mitì, se me l’avessi detto prima, ti avrei trascinata nel box!

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  2. I traslochi sono come il maiale: non si butta via niente :-)

  3. credo di averlo già scritto da qualche parte, e mi ripeterò….un pò di tempo fa mia moglie ed io davanti alla televisione un film così poco interessante che il mio sguardo aveva girato per tutta la sala, riconoscendo pezzo per pezzo statuina di murano, statuina africana tribale ect ect me ne sono uscito così…. Sai perchè a distanza di 20 anni non abbiamo mai cambiato casa? lei no perchè? “perchè con tutta le cose che hai comprato traslocare ci costerebbe come un piccolo appartamento… segue silenzio di donna ligure.. dopodichè un colpo basso…ma parli tu? e il tuo garage? touchè

  4. di traslochi ne ho fatti tre come persona adulta (quindi non contiamo quelli subiti da bambina) ma non mi hanno mai mandato nel panico, soprattutto perché la sana aria che ho respirato per vent’anni a Genova mi ha fatta crescere oculata nello spendere, a questo si aggiunga che mia madre aveva un dissuasore di spesa infallibile
    ad ogni richiesta rispondeva: “ma poi lo porti?/ma poi lo usi?” il che mi faceva quasi immediatamente desistere
    e siccome ho un marito mani bucate, la mia indole naturale è tornata molto utile per equilibrare il bilancio :-))

  5. Ultimamente provo una strano e insano piacere a svuotare cassetti, contenitori, folder e buttare via tutto.
    Ho tenuto cose di cui non sapevo l’esistenza e di cui ora non ne capisco l’utilità.
    Libro da evitare per gli amanti del “tengo tutto”: Second Hand, Michael Zadoorian.

  6. Quando ero child free spendevo molto più tempo per la mia cura personale e ora che di tempo ce n’è meno (e a mio parere si vede la differenza ahimè!) non rinuncio comunque a seguire la mia scrupolosa routine di bellezza anche perchè per me non è un dovere ma un piacere e una coccola che mi concedo volentieri. Inoltre amo tutto ciò che riguarda la cosmesi e il benessere, sono molto ferrata in materia al punto che non frequento centri estetici e faccio tutto da sola con gran soddisfazione e risparmio.
    Stefania mamma di Vittoria

  7. Ohibò! non so che è successo, forse il mio commento precedente ha traslocato dal post che riguardava il tempo che noi donne trascorriamo alla ristrutturazione personale piuttosto che al trasloco! In verità è che ho fatto un gran pasticcio modello Bridget Jones…appunto!
    Stefania mamma di Vittoria

  8. Sto per intraprendere il mio nono trasloco…il primo è durato due giorni… per il prossimo conto due valige e tre scatole…

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