Su Anobii e altrove: scrivere per sé stessi, scrivere per gli altri

Una delle domande per me più interessanti scaturite dalla pubblicazione di Anobii, il tarlo della lettura è più o meno questa:

Ma adesso, cambieremo lo stile delle nostre recensioni su Anobii cercando di renderle più interessanti o divertenti, e quindi più votabili, in previsione di un eventuale secondo libro?

Molto anobiani si chiedono se la potenziale pubblicabilità futura delle loro recensioni cambierà il loro stile. Perché nel libro sono state incluse le 5 recensioni più votate dagli stessi utenti. E siccome quelle più votate sono risultate quelle estreme – feroci, witty, ricche di battute fulminanti o al contrario appassionate e sognanti – sono preoccupati per un’eventuale deriva marketing, passatemi il termine, dei loro scritti.
Dibattito, ovviamente, non nuovo. Ricordo discussioni infinite agli albori dei blog – Ma tu scrivi per te stesso o scrivi per gli altri? e la mia convinzione, allora come oggi, è che si scrive sempre per un pubblico. Se vuoi scrivere per te stesso, fallo sul diario dei segreti chiuso a chiave da un lucchetto. Se decidi di condividere ciò che scrivi, hai in mente un pubblico. Strizzerai sempre, più o meno consapevolmente, l’occhio a chi ti legge. Cercherai di scrivere cose interessanti, in uno stile brillante, vivace, coinvolgente. Oppure di esprimere un punto di vista nuovo, particolare, personale. Chi scrive online vive per il commento, per il like, per l’assenso della comunità alla quale si rivolge.
Non credo che l’eventuale inserimento in un libro di carta, sempre per quelli a cui interessa, ovviamente, possa modificare o esasperare questo meccanismo. Su Anobii c’è già la soddisfazione di aver aiutato una persona a scoprire un titolo o un autore; c’è già la ricompensa dei punti dati dagli altri lettori a una recensione che è riuscita particolarmente bene o è stata particolarmente utile. Credo che il pubblico di riferimento resterà sempre quello, che il consenso più importante rimarrà quello della community. L’eventuale inclusione in un libro, semmai ce ne sarà un secondo, è un di più, un gadget, un corollario.
E a proposito: nel frattempo, un gruppo di utenti ha creato la Tarlatura, ossia la segnalazione di recensioni meritevoli, per vari motivi non inserite nel libro.
Direi che il Tarlo, inteso come libro di carta, è già uscito dai confini di opera chiusa e stampata, è già stato riaperto e fagocitato dalla rete, è diventato un organismo vivo che continua online.
Altro che influire sulle recensioni; sono i recensori su Anobii che lo riscrivono, ogni giorno.

3 thoughts on “Su Anobii e altrove: scrivere per sé stessi, scrivere per gli altri

  1. Scattano meccanismi mentali strani. Chi scrive su web (su blog, forum, lascia commenti etc…) lo fa per un pubblico, reale o potenziale, anche maggiore di quello di un libro. Però poi passare su carta viene visto come una “legittimazione”, allora quello che hai scritto diventa “serio”, acquisisce dignità. Forse è inevitabile, però a me sembra anche la conferma di quello che ho sempre pensato (e anche temuto, visto che in parte lavoro anche su Internet): La rete è ancora vista e percepita come luogo deputato della fuffa dove, anche se scrivi una boiata, fa nulla…

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