Un piede in Amazzonia

Rieccoci.

Sto scrivendo da Riobamba, soprannominata, con molta fantasia, “la sultana della Ande”. In realtá, a parte i 2750 metri di altezza e il vulcano Chimborazo incappucciato di neve sullo sfondo, non ha altre attrattive se non essere il punto di partenza dell’ultimo tratto di ferrovia ecuadoriana ancora attiva, da Riobamba alla Nariz del Diablo e indietro fino ad Alausi. Che e’ il motivo per cui siamo qui. ma andiamo con ordine, con il resoconto di ieri

Ieri, da Baños, siamo partiti all’alba su uno scassatissimo pullmino alla volta dell’Amazzonia. La “porta d’entrata” prescelta della foresta pluviale partendo da qui e’ Puyo. Ma, mezz’ora dopo aver lasciato Baños, la nostra guida si ferma per mostrarci la cascata del Pailon del Diablo e soprattuto la teleferica sospesa sul canyon, che collega la strada principale al publito di Chin Chin.

Siamo in 5 ma decidiamo di provarla solo in due.

Un’emozione unica: la teleferica e´sospesa su un canyon a 100 metri di altezza, per una corsa di circa 500 metri. Appena parte, cuore in gola. Il vento fischia e intorno a noi girano le aquile con le ali quasi ferme. Giuro che quando si e’ fermata dondolando a meta’ del canyon ho tremato: in realta’ era solo per farci fare le foto senza oscillare troppo, visto che la piccola cabina, completamente scoperta, dondolava come un’altalena…

Con qualche anno di vita in meno ma felicissima risalgo sul pullmino.

Lasciamo la strada asfaltata e proseguiamo per un paio d’ore circa nello sterrato, costeggiando il Rio Puyo.

Poi, finalmente, la giungla a piedi, e una piroga che ci aspetta per una quatantina di minuti di traversata del Rio. Siamo in cinque sulla stessa imbarcazione, completamente coperti dalle incerate: inizia a piovere piano, poi sempre piu’ forte, L’atmosfera e’ irreale: ti aspetti da un momento all’altro l’attacco degli indio. Anche perche’ il “conducente” della nostra piroga (che imbarca acqua da tutte le parti: dopo 10 munuti siamo bagnati al midollo) e’ silenzioso ed enigmatico come tutti i locali che abbiamo incontrato finora…

La giornata prosegue con un’ora di trekking sotto la pioggia, in una foresta fittissima e scura, in mezzo a felci giganti, orchideee e banani. Scopriamo l’albero che da’ il Sangre de Drago, una specie di resina rossa che spalmata sulla pelle serve a curare le punture degli insetti e bevuta previene il cancro allo stomaco, secondo i dettami della medicina naturale. La nostra guida indio, Leonardo, dopo aver inciso la corteccia per farci vedere la resina rossa che cola dal tronco, “cura” la ferita della pianta con fango della foresta. “L’albero cura noi e noi curiamo l’albero“, mi spiega. Il cerchio si chiude.

Arriviamo in cima dove c’´un mirador per osservare la vallata verdissima e la confluenza del Rio Puyo con il Rio Pastaza. Meraviglioso. Anche perche’ ha smesso di piovere ed e’ uscito un sole magnifico che fa brillar ele mille tonalita’ di verde della foresta amazzonica. E ci fa asciugar eun pochino pantaloni e magliette.

Dopo un breve pranzo nella giungla proseguiamo per un pueblito di indios quecha. I bambini giocano a calcio nel prato, ci sono case di legno, panni stesi e cani che ci corrono incontro. E’ separato dalla valle solo da un ponte di corda, ma sembra un universo parallelo.

Sulla via del ritorno, ancora bagnati come pulcini, foriamo. Le nostre guide indio, senza una parola e senza un solo momento di ansia o nervosismo, la cambiano con gesti rapidi e precisi. E si fermano a farla riparara. Ottima mossa perche’ dopo 10 km ne foriamo un’altra! Se mi succedesse tutto questo a Milano, sarei completamente fuori di me.

Noi invece scendiamo e fumiamo una sigaretta, ci raccontiamo le impressioni della giornata, teniamo la pila a chi sta lavorando per cambiare la gomma. Altro che Zen!
Rientriamo che e’ gia’ buio: dire “stanchi ma felici” e’ dire poco. Siamo entusiasti. Per qusta volta niente terme; ma la giornata trascorsa ne vale mille. E poi dobbiamo svegliarci presto perche’ l’indomani c’e’ il pullmann per Riobamba.

E oggi, appunto a Riobamba da dove sto scrivendo, il pullmann nonostante l’aspetto “vissuto” e’ arrivato da Baños in perfetto orario e siamo gia’ riusciti a prendere i biglietti per il treno di domani mattina (parte solo il mercoledi’, venerdi’ e domenica alle sette del mattino) e a noleggiare i cuscini che serviranno per le sei ore di tragitto.

Da fare, ovviamente sul tetto, ben coperti con i maglioni d’alpaca comprati ad Otavalo, perche’ qui alla mattina presto si va sottozero.

Per fortuna in un negozio di vernici ci hanno regalato i sacchi di juta per fasciare gli zaini: ci dicono che il vagone “bagagliaio” non e’ esattamente passato da Mastrolindo.

Se penso che e’ da gennaio che sogno questo passaggio in treno a zig zag sulla montagna, (qui una bella galleria fotografica) non posso credere di avere gia’ in mano i biglietti.

E domani sveglia alle cinque per prendere i posti migliori sul tetto!

Alla prossima.

One thought on “Un piede in Amazzonia

  1. “E domani sveglia alle cinque…”: basta questo, scritto da te!, per farmi capire quanto sia speciale questo viaggio! Buona continuazione ;-)

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