Uno virgola due, l’Italia delle culle vuote

unoSilvia Ferreri è una giovane regista che, trentenne e senza figli, un giorno ha cozzato contro una realtà che non conosceva. Il mobbing feroce ai danni delle madri lavoratrici, fatto di velate minacce, finte maternità (“sulla carta ho fatto i cinque mesi di maternità di legge, in realtà ho lavorato fino a 5 giorni prima del parto e sono tornata in ufficio 15 giorni dopo”, ricorda una di loro), battute pesanti, vestiti ampi per nascondere la pancia e lettere di licenziamento firmate in bianco da tenere nel cassetto, che non si sa mai.
Comportamenti illegali, prima ancora che odiosi, che fermano la natalità italiana a uno virgola due figli per madre, come dice il titolo, fanno lasciare il lavoro al 20% delle donne che hanno avuto un figlio (dati Istat) e spesso impongono di rinunciare a una desiderata seconda gravidanza pur di non rivivere il mobbing da parte dell’azienda e dei colleghi.
Il documentario, uscito in dvd, è diventato anche un libro, con la prefazione di Miriam Mafai, che è stato presentato a Roma in occasione dell’8 marzo e recentemente a Milano. Leggerlo fa infuriare, riflettere e chiarisce che l’obiettivo delle donne, madri e non, deve essere di profonda solidarietà.

Io lo metterei fra le letture obbligatorie per i ragazzi della scuola. E soprattutto per i direttori del personale.

12 thoughts on “Uno virgola due, l’Italia delle culle vuote

  1. alla mia assunzione nella seconda casa editrice della mia vita, dove mi pagarono il preavviso per avermi subito pur sapendo che due giorni dopo mi sarei sposata (riducendomi la licenza matrimoniale a una settimana), chi mi fece il colloquio, praticamente il grande capo, mi disse ammiccando: “ora, però, per almeno sei mesi non rimani incinta, eh?”.
    rimasi lì 13 anni, durante i quali ebbi due figlie e quattro aborti, e me ne andai perché ormai ero vista come una figliatrice compulsiva, non una professionista. come dire, carriera meno di zero – calci nei denti parecchi. durante le gravidanze nemmeno un giorno di malattia, rientro al lavoro ad allattamento al seno in corso, gli aborti alla stregua di estrazioni di denti (un giorno di convalescenza).
    nel mio piccolo…

  2. Perchè non farlo leggere invece che solo ai responsabili delle risorse umane anche ai Direttori? mandarlo un po’ per giornali, vediamo chi ha intenzione di pubblicarlo…. la verità che figli o non figli ormai i diritti dei lavoratori nn esistono più e l’assunzione resta un sogno, tanto ci sono i CO.CO.CO., i CO.CO.PRO, . IVA, RITENUTA D’ACCONTO… Cosa si inventeranno quando finalmente tutti avremo le palle per fare causa?
    e poi si lamentano e criticano il fatto che giriamo da un posto all’altro, ci credo orami si va dal miglior offerente.

  3. adriana: altro che nel tuo piccolo. Una storia davvero pesante. Almeno sei riuscita ad andartene, ma 13 anni così non li auguro al peggior nemico.
    Sara: il mondo del giornalismo è davvero una galassia a parte, purtoppo. Chi è dentro è dentro, chi è fuori accetta qualsiasi cosa per entrare. E tutti ci marciano allegramente, visto che le redazioni ormai sono tenute in piedi dai precari.

  4. vogliamo ricordare, en passant, che da più di due anni siamo senza contratto?

  5. E’ senz’altro vero e vergognoso oltre ogni dire. Però. C’è anche l’altro lato della medaglia. Io ho lavorato per più di un anno in una grande azienda (una multinazionale, a dire il vero) dove in effetti i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici erano molto rispettati e tutelati. Purtroppo molte colleghe se ne sono spudoratamente approfittate. Conosco varie ragazze che sono state a casa per mesi con una fintissima “gravidanza a rischio”. Scrivo “fintissima” perché lo era per loro stessa ammissione: stavano benissimo e il bambino stava altrettanto bene, semplicemente avevano un medico così gentile da certificare un rischio inesistente. Gongolavano addirittura al pensiero di aver così facilmente fregato l’azienda. Io penso che, finché ci saranno persone così, per le altre pretendere il rispetto di ciò che è giusto e dovuto sarà difficilissimo.

  6. Si sa le mele marce stanno da tutte le parti datori di lavoro e dipendenti, non è un fatto di classe sociale
    Io sono l’altro lato della medaglia sono datore di lavoro di 4 ragazze…….. premesso che ho avuto anche io i miei “parti” e a nessuna è stato fatto firmare la lettera di dimissioni in anticipo vorrei dire che per una azienda piccola come la maggior parte di noi artigiani …. la dipendente incinta è spesso un costo insostenibile perchè con chiunque tu la sostituisca l’esperienza manca sempre, in quel periodo poi se uno rispetta la legge maturano 13.ma 14.ma tfr. ferie permessi, alattamento…ad una azienda come la mia, una ragazza incinta non costa meno di 10.000 euro…. e se questo lo vogliamo chiamare stato sociale……… io lo chiamerei Azienda sociale…….. noi abbiamo fatto un natale (pasticceria) con 2 ragazze su 4 a casa in maternità….. e pure una fantomatica gravidanza a rischio non l’abbiamo vista per due anni…..

  7. spikette e Luca: è tutto vero, nel privato come nel pubblico. E se nel privato paga Luca e quelli come lui, nel pubblico pagiamo ancora noi. Però è un malcostume che non riguarda solo le donne: certificati medici falsi, malattie inventate, sono purtroppo comuni anche al di fuori delle gravidanze (magari, controllare un po’ di più i medici?). Il problema, come sempre, si trasferisce su chi non lo fa. E sulle vere gravidanze a rischio che vengono immediatamente guardate con sospetto.

  8. certo se i controlli a chi bleffa fossero così intensi come per gli scontrini lo stato potrebbe prendersi in carico totalmente le gravide e chi veramente sta male………..

  9. ho avuto recentemente (l’8 marzo, guarda un po’) una discussione sul tema con il mio babbo, ora in pensione, che stava dall’altra parte – quella di luca. le conclusioni cui siamo arrivati sono proprio queste…

  10. Mi permetto di raccontarvi un altro caso, anche di questo sono stata testimone. Dopo aver lavorato nella multinazionale, mi sono trovata in una piccola azienda come segretaria con un contratto a progetto. Ho scoperto solo dopo qualche giorno che di fatto sostituivo una ragazza a casa in maternità. Questa ragazza ha rimandato il ritorno al lavoro almeno tre volte, di tre mesi in tre mesi. Infine è tornata (il mio posto non era a rischio perché nel frattempo la mole di lavoro era triplicata e quindi sapevo che non mi avrebbero mandato via), è rimasta tre giorni e poi si è licenziata. In pratica, si è fatta pagare un anno di maternità quando in realtà aveva già deciso di lasciare l’ufficio. Ora, io all’epoca avevo ventotto anni, ero fidanzata e in cerca di casa con il mio ragazzo. Vi sorprendete se vi dico che l’azienda non mi ha assunto e ha continuato a rinnovarmi il contratto a progetto? Onestamente, come datori di lavoro, voi cosa avreste fatto?

  11. Ho capito Barbara che le redazioni sono tenute in ballo da precari, ma allora una trentenne che cavolo deve fare? non sporcarsi il curriculum perchè se no non da credibilità perchè salta da una parte all’altra?oppure continuare a fare colloqui anche se collabora tutti i santi giorni con un giornale sperando che nel prossimo il contratto sarà migliore?
    L’Italia è proprio indietro.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*
Website