Di quanto è facile parlare di maternità prima di viverla

Succede così. Succede che quando figli non ne hai, le madri ti fanno pena. Giuro, pena. Non esagero e ricordo bene il sentimento che provavo. “Povere disperate, guardale, a correre di qua e di là, senza un momento per loro, vita di coppia inesistente, vacanze al mare con i nonni”. D’accordo, io ero piuttosto bambinofobica, ma non mi sembre che le altre mie amiche non ancora benedette dalla maternità, la pensassero tanto diversamente.
Poi il figlio arriva e per, diciamo, un anno, si regge alla grande. Cioè, si respingono i sensi di colpa (confesso: a volte non si avvertono neppure. Il sano egoismo che fin a quel momento aveva guidato la mia vita per fortuna è stato duro a morire), si continuano a mettere le esigenze personali e di coppia se non al primo posto almeno alla pari con quelle dell’infante. Si ripudiano le occasioni sociali colme di bambini (e mamme). “Io? Io, mai. Se mi vedete a una festa per bambini, abbattetemi”. Si fa di tutto, insomma, per non sentirsi madri o comunque non solo. Per non identificarsi totalmente nel ruolo di genitori. Che, continuo a pensarlo, pur se fondamentale, non può essere l’unico che interpretiamo nella vita.
C’è da dire che fino all’anno anche i bambini ci mettono del loro, eh. Non parlano. Non camminano. Non interagiscono con gli altri bambini. Non mostrano particolare entusiasmo ad andare in un posto o in un altro (e quindi pensi: “Beh, allora decido io”).
Poi, niente. Ogni giorno diventano sempre di più piccole persone, e ci mancherebbe. Con le loro preferenze, le loro idiosincrasie, il loro carattere. Si annoiano, hanno bisogno di stimoli diversi. Tu nel frattempo sei sempre più esausta e allora cedi. Cedi alla festa di compleanno children only. Cedi alla vacanza a misura di famiglia, ai pomeriggi “con altri bambini”, all’amicizia con le mamme del nido con le quali non hai niente in comune, ti trovi a organizzare i weekend pensando anche (all’inizio, anche: poi, soprattutto) alle esigenze del bambino, insomma fai tutto quello che, quando lo vedevi fare agli altri, ti dava la nausea. Sì, lo so, non ho ancora visto niente: le altre madri, quelle di lungo corso, come sempre garrule portatrici di messaggi gioiosi, me lo ripetono ogni giorno: “Sarà sempre peggio, vedrai quando cresce”, eccetera.
Però è dura ammettere che, pur con tutta la buona volontà, a restare coerente non ci sono riuscita e dio solo sa quanto ci ho provato. E questo mi ha ricordato la banale, antica lezione delle nonne: mai giudicare gli altri senza essersi trovati nella stessa situazione. Lezione che, valida sempre, dovrebbe essere scolpita nella mente quando si parla di maternità, in tutti i suoi aspetti.
Perché ora che mi ci trovo commetto uno dopo l’altro gli stessi errori che ho visto fare e che mi parevano così stupidi, così evitabili, visti da fuori.
Da quando credevo di avere in mano la situazione è passato solo un anno, ma quasi non mi riconosco. E alla fine mi faccio pure un po’ pena da sola, ecco.

69 thoughts on “Di quanto è facile parlare di maternità prima di viverla

  1. I bambini, notoriamente, profumano di cipolla. Per questo sono così buoni arrosto: non hai nemmeno bisogno di condirli tanto!

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  2. io quelle cose lì non le ho mai pensate (che le mamme facciano pietà o similia). nemmeno gli agosti trascorsi nella stessa stanza di amica + neonati che si svegliavano ululanti e affamati nel cuore della notte mi ci avevano fatto pensare. ma seriamente, esiste qualche donna che voglia figli che non si renda conto del fatto che la vita poi cambia completamente? forse dovremmo fare tutte un bell’affiancamento con neomamme intorno ai 20/25, così le neomamme hanno qualcuno a fianco e le mammefuture si rendono conto meglio.

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  3. alice, ribadisco: donne che hanno intenzione di figliare :) mica siamo tutte obbligate (checché ne pensi la cosiddetta società)

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  4. secondo me non è affatto vero che quando diventano grandi è peggio, anzi riesci a trattarli sempre più come persone e non come bambini a condividere esperienze discorsi opinioni certo devi avere voglia di confrontarti e di concentrarti in quello che fai, non è automatico non scontato proprio per niente in compenso è faticoso e ti mette continuamente allo specchio è quello magari che spaventa.

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  5. secondo me non è affatto vero che quando diventano grandi è peggio, anzi riesci a trattarli sempre più come persone e non come bambini a condividere esperienze discorsi opinioni certo devi avere voglia di confrontarti e di concentrarti in quello che fai, non è automatico non scontato proprio per niente in compenso è faticoso e ti mette continuamente allo specchio e quello magari che spaventa.

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  6. @Mammanews:
    Per la mamma che pensa e sente che il bimbo viene prima di ogni altra cosa (o meglio, viene AL POSTO di ogni altra cosa), che non c’è possibilità mediazione e che è giusto così, direi che non sorgono problemi. (Poi io credo che se è malato viene prima, se è solo scocciato, magari parliamone, ma questa è una riflessione a latere). La donna che non accusa traumi nel dismettere spazi, energie mentali e interessi personali, è probabilmente una madre buona e serena.

    Se però la stanchezza, l’eccessiva identificazione nel ruolo, la mancanza di valvole di sfogo, causano frustrazione, allora qualche problema c’è. E più leggo i blog delle mamme e più mi sembra che questa immagine della maternità come altare al quale sacrificare ogni residuo di identità, stia mostrando la corda. Forse è necessario trovare un modello alternativo, perchè una donna frustrata e non realizzata come persona, oltre ad essere infelice, è anche un pessimo esempio per i figli (qui so quel che dico, non da madre ma da figlia)

    Io, pur non avendo bambini, non penso che, se e quando li avrò, non cambieranno la mia vita.Credo che la cambieranno totalmente ma penso che anche con un figlio, manterrò una mia vita, non mi ridurrò a una funzione. Smettiamola di dire: “E’ naturale, sano e giusto che una madre sacrifichi tutto di se’. Se non lo fa, o se mentre lo fa non sorride, allora non va bene”. E’ un’immagine masochista, che fa venire l’ansia anche a me, figuriamoci a chi è madre.

    @Martina: “So che la mia vita non sarà più la stessa e non sarà neanche probabilmente più mia,”
    Ma ragazze, stiamo scherzando?

  7. mi domandavo solo se pensate che ci potrebbe in qualche remoto caso delle persone che i figli li hanno fatti e che non ha sopportato nessuna tragedia ma che è semplicemente felice?

  8. Sono d’accordo un po’ con tutti, perché tutti esprimete dei punti di vista diversi, ma logici.
    Le mie paure sono: mamme monotematiche isteriche di basso livello culturale (scusate, ma qui nel paesello pullulano!) da frequentare per forza, perché il figlio andrà all’asilo e a scuola e non puoi segregarlo dal resto della popolazione; corsi vari tra cui quello che più odio, cioè quello di danza per le bambine.
    Io ci faccio caso: non ce n’è una che non vada, nemmeno le figlie di quelle “insospettabili”. Aiuto!!!!

    A parte questo: le cose si affrontano come vengono. Bisogna essere preparati a non poter più fare l’aperitivo improvvisato o le vacanze zaino in spalla per 3000 km mangiando nei baretti zozzi, ma bisogna anche pensare che, insomma, un bambino può sopravvivere anche se mangia alle 8 invece che alle 7 o se salta la nanna una volta.
    Invece mi pare ci sia troppa rigidità da una parte e dall’altra. Mia mamma e mia sorella, ad es., si incavolano come iene se solo propongo di mangiare un po’ più tardi UNA volta l’anno. I bambini, di solito, mangiano alle 7 anche se c’è appena stato l’uragano Katrina. NON si possono fare eccezioni e io sono la pazza sregolata della famiglia!

    Vai Blimunda! Non demordere!

  9. Luca, condivido ogni parola
    se la vita deve cambiare (e cambia ogni giorno, che ce ne rendiamo conto o meno) meglio sia per l’arrivo di figli :D

  10. a volte penso che se mai dovessi avere un figlio io mi crescerebbe disadattato come il bambino di About a Boy… scherzi a parte, anche io vedo intorno a me come Blimunda un sacco di famiglie che non solo fanno fatica (il che credo sia normale), ma che ti comunicano SOLO che fanno fatica, e che ti dicono che non possono fare più niente, e che ti dicono che non si possono più muovere. è un continuo: “e come faccio?” “no, non posso”, anche se sono in due e hai appena chiesto a uno dei due, con una settimana di anticipo, se viene a vedere un film alle 9 di sera in una sala dietro casa loro. tra tutte le coppie con figli che frequento da vicino, ce n’è però una che è veramente serena con due figli piccoli che sorridono e non fanno i capricci e che vedi che stanno bene e sono contenti. loro non si lamentano e i bambini sono i più educati e aperti che io conosca. del figlio più piccolo, al tempo treenne, il papà ci disse una volta: “Eugenio è un membro della famiglia, non l’unico membro della famiglia. le sue esigenze vengono insieme a quelle di tutti gli altri”. mi sembrò naturale, mi sembrò di buon senso.

  11. Ovviamente famiglie felici ce ne sono, me ne convinco quando vedo quei servizi pazzeschi su TV e giornali sulle cosidette “famiglie numerose”realtà che sembra comunque più diffusa di quel che si pensa; vedi genitori felici che hanno in casa 5 o più figli sotto i 10 anni, che non escono mai, che ovvimante non fanno viaggi, nè cene nè aperitivi e allora pensi che probabilmente hanno una vocazione a quel tipo di vita, una missione, e ti senti strana a pensare che tu vedi le difficoltà anche in un bimbo solo; o magari vedi le difficoltà prima di vedere i lati belli della cosa, che presumo siano quelli che ti fanno scattare la voglia.Solo che come dice Bli, le famiglie felici mi sembrano poche, vedo soprattutto facce stanche e reazioni nervoso, bimbi urlanti e genitori che vorrebbero essere altrove…

  12. cara sei troppo ironica mi fai morire! benvenuta sulla barca delle mamme disperate ;-)

  13. Ciao Rossa! Ma figuriamoci se io posso lontanamente dire che una madre deve sacrificarsi sull’altare della maternità e ridursi a una funzione. Quello che volevo dire è che, per me, il passaggio non è stato traumatico. A volte capita di sentirmi stanca e sbotto perchè non posso più fare la vita di prima ed è assolutamente normale per chi come me aveva, e ha, una vita ricca, piena di progetti e di interessi.
    Ma poi devo essere sincera e dirti che è un momento passeggero che passa e lascia spazio alla consapevolezza con la quale ho voluto a tutti i costi diventare madre e alla gratificazione autentica che mi da l’essere madre. Lo dico con sorpresa, perchè prima di avere mio figlio non l’avrei mai immaginato e questo post di Blimunda mi ha colpito proprio perchè anche io prima guardavo alle madri con una certa tristezza e mi dicevo “Io mai”, ma poi l’ho vissuta diversamente. La vivo ancora diversamente e mi ritrovo a pensare che grazie a lui e con lui posso ricominciare a fare una serie di cose che avevo lasciato indietro perchè sono diventata grande.
    Ci rincorriamo. Io sono avanti e lui è indietro: ovviamente sono io che faccio passi verso di lui e quindi mi butto in festicciole per bambini, cartoni animati invece che riviste, domeniche al parco etc.. pur mantenendo intatta la mia vita e i miei interessi (che però magari vivo con mio marito e con le mie amiche). intendevo questo quando dicevo “il pensiero va prima a lui”: a un certo punto arriverà il momento in cui ci ritroveremo più o meno allineati e magari sarà bello fare cose insieme oppure ciascuno per conto suo.
    Eccessivamente ottimista? Può darsi. Scusate la lunghezza ma le parole venivano fuori così e poi…chissà se mi sarò spiegata bene….

  14. Io sono una non-mamma, con un forte complesso di Erode. Ad un certo punto della mia vita le amiche più care hanno cominciato a riprodursi.
    Io detesto i bambini ma so aspettare. E ho imparato che gli anni bui, quelli del tunnel senza uscita sono quelli che vanno dall’uno ai tre anni, quelli in cui sei in mezzo, Blimunda. Dopo le cose pian piano migliorano. Tra qualche anno la vacanza al Canyon sarà apprezzatissima.
    Nota tecnica a lato: il mal d’auto NON va sottovalutato, ma ci sono degli accorgimenti che nessuno dice: una macchina a sospensioni rigide, ad esempio. Un frequente uso dei treni – e soprattutto un’alimentazione adeguata: pochissimi liquidi, niente di cremoso, grandi quantità di cracker da somministrare dopo che la creatura ha vomitato, e volendo anche prima.
    Ci vuole pazienza, ma anche fiducia: la creatura è giovane, ma crescerà!

  15. Concordo con quanto dice Rossanaturale, almeno nelle prime due righe. Blimunda, certo che è una bella dichiarazione di resa, la tua :)

  16. Quando è nato il mio secondo figlio abbiamo deciso che le vacanze a misura di tutta la famiglia potevano essere fatte, con il camper. Siamo stati in Nord-Africa nel deserto, al mar in Spagna, Corsica, sardegna, Grecia, Turchia, isole varie dell’Egeo; in montagna, nei posti più selvaggi e con le strade più scalcinate d’Europa e non solo. Il figlioletto dal secondo anno in poi (autonomia bagno) è stato sempre con noi e ci siamo divertiti tantissimo. E lui ( e la sorella di poco più grandicella) non hanno mai avuto problemi. E noi neanche. Pechè no il Grand Canyon? In città, durante la settimana si fa quel che si può, ma quando c’è un po’ di tempo…tutto ( o quasi) è possibile.

  17. Radio Waves: lo sai, su questo blog, nient’altro che la verità!
    hope: sono certa che si possa fare tutto, ma io ho un’idea un po’ particolare del viaggio. Ne riparlerò.

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