L’articolificio di Natale

Tutti gli anni in questo periodo mi trasformo in un articolificio.
C’è la chiusura natalizia che anticipa tempi già anticipati allo spasimo, ci sono le ansie personali di ogni direttore, ci sono i tempi già di per loro allucinanti dei mensili che ti costringono a pensare a marzo quando ancora deve iniziare l’inverno, c’è il delirio delle redazioni che solitamente ti perdono i pezzi, cancellano per errore le mail, ti chiedono due, tre, cinque volte le stesse cose, ti domandano se per caso puoi cercare 20 foto per domani, oppure ti fanno consegnare un pezzo di corsissima, con l’acqua alla gola per poi non leggerlo, covarlo per un mese e chiederti di rifarlo da capo il giorno prima di andare in stampa (lo fanno tutto l’anno, eh, ma in questo periodo si superano).
Per cui il risultato è un pastrocchio di telefonate, nomi, abbozzi di pezzi, un groviglio di frasi iniziate e lasciate a metà, di file di Word aperti, richiusi, a volte persi, di una scrivania coperta di Post-it, foglietti, biglietti della metro dove ho scritto numeri di telefono importantissimi, fondamentali per l’intervista che mi permette di “chiudere” un pezzo (d’accordo, essere il disordine in persona in questo caso non aiuta).

E ogni anno mi riprometto di prendere meno lavoro, di scrivere meno, di dire qualche no, poi devo fare i conti con le mie, di ansie (rinunciare a un lavoro? Giammai! E le bollette? E i soldi? E il prossimo viaggio chi me lo paga?) e sento la mia voce rispondere “Ma certo, ce la faccio, entro il 20, nessun problema”, per poi maledirmi appena butto giù il telefono.

Risultato, in piena bulimia lavorativa sto scrivendo allo stesso tempo una rubrica di benessere psicofisico, un pezzo sul nuovo galateo (carino, poi ne parliamo), il viaggio di Barcellona, un articolo sulle perfezioniste che si rovinano la vita e un dossier su come diventare bravissime a fare  qualsiasi cosa.

E sono ovviamente chiusa in casa con l’occhio pallato e la pinza nei capelli. Gli unici contatti con l’esterno li ho con i caporedattori, spesso al telefono. Ma visto che il lavoro, esattamente come gli uomini, arriva quando meno lo cerchi, anche questi spiragli di conversazione tra un paragrafo e l’altro diventano altrettanti spunti per articoli. Tipo:

“Come va sul pezzo xyz?”
“Bene, sono un po’ in ritardo ma tanto io do il meglio quando ho poco tempo e sento l’adrenalina”
“Fantastico, perché non ci fai un pezzo?”
“Su cosa?”
“Su quelle che sono sempre in ritardo, che perdono tempo fino all’ultimo e poi fanno tutto in cinque minuti. Hai tempo?”
“Sì, certo, come no, tra tre giorni te lo consegno”
“Bene, ciao. Click”

(Maledetta me).

10 thoughts on “L’articolificio di Natale

  1. L’ultimo pezzo che hai accettato potrei scrivertelo io. Ho un’esperienza in fatto di ultimi minuti che neanche immagini. :D
    Come? No, no, non mi stavo offrendo, era tanto per dire. :P

  2. Ti serve un articolo entro 5 minuti?
    Hai scoperto solo adesso che la tua rivista ha una pagina vuota, e le rotative sono già in moto?
    E’ scoppiata una nuova mania e le tue redattrici sono già alle Maldive?
    Nema problema, chiama la “Timunda Write Service” ed in 5 minuti riceverai un email con l’articolo che hai richiesto.
    Chiamaci, 24 ore su 24, e ricorda che:
    “C’è un articolo per te”.

  3. Anch’io son brava a far le cose all’ultimo minuto… posso associarmi? ;-)***

  4. Ragazze, ma visto che siete tutte dello stesso “partito” perché non mi raccontate qualcosa di più così magari mi esce qualche spunto per il pezzo? (ok, ok…)

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