Ora d’aria

sbarre 2

Sommersa da carte, appunti, articoli a metà e fumo, apro la finestra per fare entrare un po’ d’aria. Mi accorgo che c’è il sole. Che quasi non fa freddo.
Ho deciso, esco. Passeggiata all’idroscalo, il “mare di Milano”, fate pure dell’ironia ma è l’unica via di fuga da queste parti se vuoi provare a ricordati come si respira. O anche come si cammina, visto che vivo incollata alla scrivania da un mese.
Varco i cancelli ed essendo notoriamente una persona ottimista, equilibrata e per nulla incline agli attacchi d’ansia penso immediatamente:

“Non c’è nessuno. Sono pazza. Dove sto andando? E se mi aggrediscono?”

L’idroscalo d’inverno, perdonate la citazione, mi riporta davvero all’atmosfera tra la smobilitazione triste e i lavori in corso tipici degli stabilimenti balneari. Una ruspa che draga il fondo melmoso, due operai che ridipingono l’insegna di un locale, un sole basso di taglio che si riflette sulla poca acqua rimasta. E in giro non un’anima.

Avanzo.

Poi dietro una curva spunta un ragazzo di colore, in bicicletta. Dietro un altro, biondo, altissimo, sembra un gigante seduto su due ruote. Appena mi avvicino abbastanza per la mia miopia vedo che indossano lo stesso giubbotto rosso: City Angels. Sono qui per proteggermi. Per permettermi di fare una rapida passeggiata gelata senza temere stupri o scippi.
Ci guardiamo, ci salutiamo. Imbarazzo. Silenzio pesante.
Mi seguono a passo d’uomo in bicicletta, ignorarli è impossibile

“Ah, siete qui, ehm, di servizio?”
“Sì – riponde il biondo, e dall’accento capisco che è albanese – siamo qui perché ognuno possa essere libero”
“Capisco. Ma perché, è successo qualcosa?”
“No, qui è molto tranquillo, non succede niente. Ma è meglio controllare. Ci manda il Comune”.

Situazione surreale: passeggio tentando di rilassarmi tallonata da due City Angels in bici. Due potenziali salvatori archetipo di tutte le paure e i razzismi striscianti: il Moro e l’Albanese. Sulla destra mi sfilano accanto le colonnine gialle di Sos, come in autostrada. Chissà se anche qui non funzionano?
“Tranquilla, che qui non succede niente” riprende l’Albanese “Il problema sono quelli che annegano, d’estate. L’acqua sembra bassa, ma invece…”
La mia ora d’aria si è trasformata in una passeggiata scortata. A metà strada fingo troppo freddo per proseguire.
“Sapessi stamattina. Alle 8 qui c’era da morire. Andiamo avanti ancora fino alle 5, ho i piedi che non me li sento più. Ma almeno abbiamo un lavoro”.

Il Moro, silenzioso, annuisce.

Torno in macchina e la canzone di De André mi batte in testa.

Di respirare la stessa aria di un secondino non mi va
Perciò ho deciso di rinunciare alla mia ora di libertà
Se c’è qualcosa da spartire tra un prigioniero e il suo piantone
Che non sia l’aria di quel cortile, voglio soltanto che sia prigione
Che non sia l’aria di quel cortile, voglio soltanto che sia prigione.

13 thoughts on “Ora d’aria

  1. Consideriamo normale evitare certi “comportamenti a rischio”, come passeggiare in un parco un pomeriggio d’inverno, senza pensare che non è affatto normale!

  2. direi che hai appena scritto una vera, moderna fiaba di Natale. Complimenti, a me è piaciuta molto :-)

  3. Blim, ti giuro che questa non l’ho capita! Non so cosa ci hai voulto dire o far capire. Cercando di capire fra le righe mi vengono tante cose in mente ma per ora taccio!

  4. Johnny: puoi prenderla come una fiaba di Natale come dice Aranel, o come un avvertimento: oggi, da molte parti, per sentirti sicura devi essere scortata. Perché no, proprio da chi è bersaglio di razzismo e paure ancestrali. Puoi prenderla come un racconto metropolitano. Puoi non prenderla per niente, come dice qualcuno: “Non c’è niente da capire”.

  5. Vada per il “degregorismo”!

  6. forse verrò accusata di blasfemia, ma a me è venuto in mente Cutugno …
    “Voglio andare a vivere in campagna
    voglio la rugiada che mi bagna
    ma vivo qui in citta, e non mi piace piu
    in questo traffico bestiale
    la solitudine ti assale e ti butta giù
    che bella la mia gioventù”

    ma io STO in campagna!!!!! ;)

  7. Capisco l’imbrarazzo: io odio avere testimoni nei miei momenti di relax, tanto che a volte mi infilo nelle chiesette del centro storico dove la luce non è mai troppa a riprendere fiato. Però è anche bellissima questa storia degli immigrati che fanno gli angeli custodi, polverizzando fobie e luoghi comuni, in un mondo che cercano di far diventare il loro (e chissà per un africano come dev’essere triste una città grigia e fredda) considerando fortuna quello che un milanese darebbe fin troppo per scontato.

  8. serpe: gli angoli e le chiesette del centro storico mi mancano in modo inenarrabile! E poi sì, hai mille volte ragione. Considerano fortuna farsi mordere piedi e mani dal gelo per otto ore, vagando in bicicletta intorno a un lago che lago non è. E d’altra parte, come persona e come donna, che bello sarebbe non avere bisogno di loro per “sentirsi libera”.

  9. Aranel,
    mi piace la tua interpretazione: una fiaba di Natale.

  10. la campagna? mille volte meglio ;)

    … e poi il sabato sera si va a spasso in città

  11. “ragazzo di colore”? Quale colore?

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