Se puntate al pareggio, non fate figli

Un po’ perché ho letto il post di Andrea su Grazia.
Un po’ perché ho letto i commenti, soprattutto quello di Melania che dice: “Mica se ne possono fare tanti di figli. Sono anni e anni di vita risucchiati in curva.”
Un po’ perché, suina o meno, è arrivata l’influenza e Beatrice, 22 mesi oggi, alterna tre giorni di asilo nido a una settimana a casa con la febbre e io sono, come immagino tutti i genitori, confusa, preoccupata, incerta sul da farsi, vessata da pediatri che fanno leva sui miei più profondi sensi di colpa e candidamente suggeriscono “La tenga a casa, niente nido che è meglio”. (Poi però, signor pediatra, lavora lei al posto mio, sì?).
Insomma, un po’ per tutto questo, ma anche perché, avvicinandomi ai due anni di mammitudine, mi sento come se tutte le cose che credevo di aver imparato e capito non contassero nulla, dato che ogni giorno cambiano paure e esigenze. E vorrei rispondere a tutte quelle amiche senza figli che, sentendomi lamentare dopo due settimane blindata in casa con pupa malata, mi chiedono: “Però, dai, ne vale la pena, vero?”.
Ne vale la pena di fare figli versus non farne, di perdere nottate in ansia, di essere tormentata dai dubbi, di vedere agende di appuntamenti saltate in un colpo di tosse, di non essere mai più concentrata al 100% su quello che fai perché in un angolo nemmeno troppo remoto della tua mente c’è sempre il pensiero di lei, di quel che sta facendo, di come sta, se mangia, se va tutto bene. Di sentire scorrere i giorni fra le dita senza avere più il dominio del tuo tempo.
Ecco, no.
Per il nostro stile di vita, le rinunce da fare quando si mette al mondo un figlio sono tante e tali che, è ovvio, se si mettono sulla bilancia, non varrà mai la pena in quel senso lì. Nel senso della gratificazione immediata, del successo facile, della qualità della vita. Le ansie che nemmeno sospettavi di avere che arrivano e ti divorano, il tempo per te che non esiste semplicemente più, la coppia a tratti non pervenuta, gli amici che s’incontrano e tu non puoi, il lavoro inseguito di notte o nelle sempre più rapide pause pisolino.
Certo, ti dicono, ma poi quando ti chiama mamma. Quando, ruffiana come non mai ma assolutamente perfetta, dopo averti fatto dannare per un’ora, un attimo prima che tu sbotti irreparabilmente ti prende la mano a ci appoggia il viso per farsi fare una carezza. Quando ti guarda fisso e stringe gli occhi impercettibilmente per dire ti voglio bene, ti corre incontro buttandoti le braccia al collo. Certo, tutto questo.
Ma non si va in pari, non è che metti un sacchetto di amore da una parte e uno di rinunce dall’altra et voilà, sei di nuovo a posto con la tua vita.
Per quello che ho capito finora (e che probabilmente domani sarà già diverso), non si va mai in pari. Fare un figlio è una faccenda lunga, difficile, faticosa. Presuppone doti di sacrificio che, per chi fino a quel momento ha vissuto cercando solo la propria soddisfazione, divertimento, ambizione o altro, sembrano irraggiungibili. E d’altra parte regala emozioni non quantificabili, sinusoidi di gioia (e abissi di sconforto) puntuti come una rosa dei venti.
Non è facile come un pro e contro, non è immediato come un risultato che si raggiunge dopo una fatica o un duro lavoro, non è un do ut des.
Per cui, se è il pareggio quello a cui puntate nella vita, non fate figli, perché non lo raggiungereste mai.

59 thoughts on “Se puntate al pareggio, non fate figli

  1. eh sì che non vai in pari, e se ci provi ti dai delle solenni mazzate nei maroni. chi può dirlo? magari a 60 anni sì, ci starai dentro, ma nel frattempo il tempo è andato, e non te lo restituisce più nessuno.
    per fortuna non si fanno i figli col bilancino, se no non si fanno per niente – e in un’ottica squisitamente demografica è un casino.
    quanto alla smielatezza di cui periodicamente si disquisisce, ne vedo francamente molta di più nell’editoria tradizionale che in rete. a pensar male – che, come disse quel tale, si fa peccato ma non si sbaglia – viene da dire che quelle riviste rispondano a due criteri: tener buone le mamme per non dover affrontare disordini sociali e venire incontro alle esigenze demografiche di cui sopra.
    per fortuna c’è chi è immune da tutto ciò.

  2. Ma io più che concentrarsi sul discorso avere figli o no, avere del tempo per se, o essere “vittime” dell’ansia credo sia più una questione di imprevisti…l’imprevisto come dice Blimunda “di vedere agende di appuntamenti saltate in un colpo di tosse”, o di darle un biscotto Plasmon come ormai fai da mesi e per quella volta le va di traverso e la vedi soffocare e ti manca il respiro dallo spavento, o gattona tranquilla, scivola picchia la faccia e le esce un litro di sangue dalla bocca e il cuore si ferma x 10 secondi, muori e resusciti nell’arco di 1 minuto, senza contare le volte che esci di casa e devi calcolare i vari imprevisti o varie ed eventuali cacca, vomito, giocattolo, ciuccio, acqua, pannolino, cappellino, passeggino, parcheggio abbastanza vicino per non trasportare 10kg di bambina x 500 mt…un bambino è un imprevisto unico, un’incognita continua, non è più tutto stabilito e programmato o libero come prima! Ogni persona ha il suo metro personale di “sacrificio”, io parlo da mamma sola, per motivi che non sto a spiegare qua, non ho mamma, non ho parenti vicino a parte suocera, che per quanto sia una persona stupenda non sarà mai “all’altezza” dei miei metri di valutazione, solo io so cosa vuole realmente mia figlia!Devo per forza lavorare a pieno ritmo e mi ritrovo a smadonnare quando mi chiama l’educatrice dicendomi che la bimba a 37.5 di febbre, poi mi sento anche in colpa x questo ma me lo tengo per me xchè quello che ho imparato è che nonostante i “sacrifici” o le voglie che purtroppo non posso più soddisfare non posso farne una colpa a lei, che mi sta facendo capire tante cose involontariamente, che mi sta facendo crescere, che mi sta cambiando e che è diventata tutto il mio mondo. Un genitore poi è pieno di paure, per il futuro, per la salute del proprio figlio o per come crescerà, sarà un “bravo” figlio? Che rapporto avremo? Saprà capire cos’è giusto e cosa è sbagliato? Mah chi lo sà..lo scopriremo solo vivendo..ma nel frattempo incrocio le dita che le passi sta tosse in fretta xchè domani devo uscire con la mia migliore amica!!!!

  3. Cara Blimunda, L’ansia rimane per la vita: il segreto è comprendere che tutto ciò che accade ai nostri figli è semplicemente vita e che QUALSIASI cosa debba loro accadere NON POTREMMO MAI EVITARLA, ovvero occorre un pizzico di sano fatalismo e ridurre l’ansia allo STRETTO INDISPENSABILE: imparare a GESTIRLA per il proprio, ma soprattutto per il BENE del proprio figlio

    Dal primo vagito fino all’ultimo respiro un figlio ti frega l’anima, l’importante è imparare ad accettare che TUTTI si sono ammalati, che tutti sono caduti, che la vita ferisce, ma anche che si guarisce e si cresce. Questo aiuta a sdrammatizzare ed a rendere più sicuri i bambini.

    Perché la NOSTRA ansia oltre a rendere insicuri i nostri figli, spesso con l’età diventa l’arma che loro hanno per tenerci in pugno! (ricordatevi che hanno un cervello semplificatore : piango=mamma mi coccola, se voglio mamma, basta che piango! oppure se piango, mamma penso stia male e non mi sgrida, ecc.) Per cui, quando cade, si fa male, ecc. CALMA E GESSO! appurato con la prima occhiata che non sia grave, SORRIDETE , e mentre loro piangono disperati, sostate un minuto dalla vostra posizione dicendo loro : INVECE DI PIANGERE VIENI QUI CHE TI AIUTO AD ALZARTI. I miei figli, non comprendendo l’incongruenza della frase, agivano automaticamente: smettevano di piangere e mi venivano incontro. Con questo trucco, metti il bambino in contatto con la sua capacità di reagire,se riprendeva a piangere gli facevo osservare, come fosse stato in grado di smettere ed alzarsi da solo poco prima, quindi che non era nulla di grave! Il bambino impara ad essere autonomo e reagire, mentre tu hai un parametro in più per valutare la gravità della cosa a seconda della sua reazione e per affrontarla ridimensionandola se è solo una sbucciatura. Altre volte che uno dei miei figli sbatteva contro un mobile o una sedia (sempre dopo aver compreso che non era granchè), accarezzavamo il mobile o la sedia a cui -poverini- aveva fatto la bua cadendoci sopra!

    Un consiglio : DESTINATE UN GIORNO ALLA SETTIMANA DOVE TASSATIVAMENTE ANCHE SE vostro figlio STA MALE (non malissimo, nel qual caso rimandate) VI PRENDETE 3-4 ore per voi stesse, magari solo per vagare senza meta a guardar negozi o in libreria: mettetevi la sveglia al cellulare per NON PENSARE fino all’ora in cui dovete prendere un mezzo per tornare a casa, tanto sarà la sveglia a darvi il time-limit. UNA SERA dedicatela ALLA COPPIA lontano da casa! Per far sentire al partner che quella sera vi dedicate INTERAMENTE a lui. Son soldi ben spesi se dovete ricorrere ad una babysitter. Meglio se avete una nonna, fate dormire il bimbo da lei e riconquistate la libertà con vostro marito in casa vostra, ma non perdete tempo a riordinare!!!!!! DIVERTITEVI COME POTETE, MA DIVERTITEVI.

    Un abbraccio e tanti auguri, Renata

  4. @Renata: Le tue parole sono, come si diceva, “Brodo caldo per l’anima” :-)

    @Eliana: Se tua figlia sta sempre e solo con te, poi per forza solo tu sai cosa vuole. Però questo non è positivo; i bambini hanno bisogno di relazionarsi con più persone; sono le mamme che hanno bisogno di sentirsi indispensabili e necessarie per il bambino, di pensare che se loro non ci sono i piccoli non mangiano, non dormono…Poi quando li si abitua diversamente si scopre che a volte non è così (e per certe madri non è una scoperta gradita….)

  5. commento per la prima volta, quindi lo faccio dopo aver salutato e portato le pastarelle. sempre più spesso, di fronte alla domanda di amiche senza figli mi ritrovo ad avere lo stesso sentimento, e ora che le dico? è vero non c’è parità. è come dire, vale la pena di affrontare un viaggio rischioso intorno alla terra, o in un continente ostile, in un paese in guerra, in un labirinto solo per vedere com’è? se la risposta è sì fatelo, altrimenti lasciate perdere. perchè i bambini sono modello bambola di biscuit per circa 10 ore in tutto e il resto un autotreno che ti costringe a rimetterti in discussione, a fare i conti con te stesso, a rivedere le tue priorità, a superare l’ansia, a rispondere a domande difficili, a prenderti sul muso l’inefficienza dei servizi statali. insomma è roba per palati forti.
    comunque a me piace l’avventura, e quindi…ne ho fatti due

  6. piattini: e quindi entri di dirtto, insieme a tutti quelli che hanno fatto più di un figlio, nel novero dei miei eroi quotidiani!

  7. Anch’io commento per la prima volta, credo. Ho una bimba di un anno e mezzo e fin qui non mi sembra di aver rinunciato a tanto: usciamo più separati ma un po’ lo facevamo anche prima, a cena fuori andiamo, al cinema anche una volta a settimana grazie alla nonna, quest’estate siamo stati in Turchia ma ci aspetta l’Argentina o il Senegal prima che lei compia due anni e paghi il biglietto intero. Una cosa su tutte mi manca: i miei viaggi di lavoro che assommavano a circa 3 mesi l’anno in giro per il mondo; per ora ho ricominciato con 5 giorni ed è filata liscia liscia. Magari arriverò a un paio di settimane o un mese l’anno in tutto. Ma il lavoro part-time in fondo piace anche a me.
    Volevo parlare di mia madre e il mio caro zio, che sono uguali sia fisicamente che di carattere ed interessi. Mia mamma ha avuto me e mio fratello, mio zio nessun figlio perché la sua compagna non ha mai voluto. Ebbene, entrambi hanno continuato a perseguire i loro interessi (la fotografia, i viaggi, la musica): loro magari sono andati un po’ più lontano, noi abbiamo sempre viaggiato in Europa, però alla fin fine ora che hanno 60 anni è lui quello che sente la mancanza di qualcosa.
    Il pensiero che ha spinto me però è stato un altro: c’è una vita sola, e quest’esperienza, queste emozioni, non te le può dare nient’altro. Perché rinunciare a una cosa così unica e forte, per quanto impegnativa?

  8. Ciao,
    ti leggo quando posso, non ho figli, ma quello che scrivi, quello che mi sembra filtri di te da quello che scrivi, be’, insomma, mi è di grande incoraggiamento. ti ho pensata leggendo (e andando alla presentazione) di questo libro http://www.francoangeli.it/Ricerca/Scheda_Libro.asp?CodiceLibro=239.197. Mi sembra che il pareggio sia difficile con o senza figli. ma è proprio un risultato auspicabile, quello del pareggio? La contabilità esistenziale ha i suoi limiti…un abbraccio “virtuale”.

  9. “Se è il pareggio quello a cui puntate nella vita, non fate figli, perché non lo raggiungereste mai”. Verissimo, sacrosanto: mettere al mondo un figlio è (dev’essere) un atto altruistico. Nasce una nuova vita, che dopo un po’ prenderà il largo e si allontanerà dai genitori…come è giusto che sia.
    Fare un figlio è un atto d’amore: ricambiato, prima o poi? Quanto? Come? Quando? Non ha nessuna importanza, perchè è un amore che deve essere gratuito e non può essere quantificato.
    1-0; 1-1; 2-1…meglio non fare partite e meglio perdere il conto dei gol fatti e subiti. Soltanto facendo così si può pensare ai figli come a una vittoria al Totocalcio.
    Ciao, Cristiano

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