Una figlia unica fra Sorelle. D’Italia e non

Sono andata a Roma per una cena fra Sorelle. Ed era la prima volta che dormivo fuori casa da sola, da quando è nata la bimba. Il che, come ha detto Giulia, è un po’ una pietra miliare. Infatti quando sono scesa a fumare a Firenze ero già in piena crisi da “mi manca la mia bambina, ohimè, madre snaturata che sono” ed è andata bene che sul binario accanto non c’era un treno per Milano, se no Roma non l’avrei proprio vista.
Comunque, ci sono arrivata. Anche se avevo la catena corta e non sono riuscita a partecipare alla manifestazione contro la violenza sulle donne né a passare al Bar Camp. Alla prossima.
Dunque, a Roma faceva un caldo africano. Partita all’alba nel gelo milanese, sono sbarcata a Termini che sembravo Totò e Peppino al contrario, con i locali che mi guardavano compassionevoli. Ho tolto strati di maglie modello cipolla per tutto il giorno: l’ultimo, la sera a cena. Oltre che calda, Roma è sempre bellissima, la gente è rilassata, nei bar chiacchierano invece di grugnire e sgomitare per un posto in prima fila al bancone e pare che si godano il caffè anziché ustionarsi il duodeno ingollandolo rovente per fare in fretta, più in fretta, ché noi teniamo su i destini del mondo, altroché. Eccetera eccetera, ma non vi tedio con notazioni da turista.
A Roma ho incontrato una donna con lo sguardo e i capelli da ragazza, una professionista eccellente con orari disumani, che però ha istituito per i suoi due bimbi il diritto di torta. Qualsiasi cosa succeda, la torta fatta in casa non manca mai. Ora, come faccia, non me lo chiedete perché, come dice Guccini, “è difficile capire se non hai capito già“. Comunque, chapeau.
Ne ho incontrata un’altra riccia e bionda che, quando l’argomento l’appassiona, e quindi sempre, passa impercettibilmente da un italiano quasi neutro, a un italiano regionale, a un siciliano stretto e scoppiettante che tu sei lì e perdi i pezzi e cogli qualche parola sparsa ma non importa, basta che parli e continui a parlare perché esca il sole a tavola. Con altre due ho parlato di figli, gatti, lavoro ed è stato molto bello guardarsi per la prima volta in faccia perché, come giustamente ha detto una, “la scrittura, a volte, indurisce”.
Due le ho riviste con grande piacere ed è stato come se ci fossimo lasciate la sera prima, altro che mesi senza incontrarci. (A seguire, mattinata piena di shopping, che merita un post a parte).
Intorno al tavolo di una trattoria di Campo de’ Fiori (carbonara e coda alla vaccinara included) si sono inseguite, sovrapposte, accavallate parole di uomini, figli, mestruazioni, politica, lavoro, case, città, vita, aneddoti, racconti.
“Non abbiamo parlato di sesso” qualcuna ha detto, ed era ormai notte. Ma in realtà di sesso, il nostro, ne abbiamo parlato per tutta la sera. E io, figlia unica, ho pensato che avere sorelle deve essere bello, ma è bello anche scegliersele, una volta grande.
Ah, e dell’evento non è disponibile alcuna foto. No, nemmeno su Facebook.

11 thoughts on “Una figlia unica fra Sorelle. D’Italia e non

  1. Permettimi l’ardire, questo post è bellissimo.Linguisticamente, concettualmente, emozionalmente.(Nota l’accento sul verbo. Sono una persona coerente, io. E odio le abbreviazioni…e le faccine…e Facebook ;))

  2. non avendo da dire cose da donna ti dirò che mia figlia è del 1991 agosto, e che la prima vacanza senza di lei decidemmo di farla nel 1993 Provenza a 4 ore da casa sai non si sa mai…. partiti il lunedì per stare fuori una settimana il giovedì mattina eravamo già a casa

  3. Sono figlia unica anch’io, e anch’io pensavo che-bella-la-sorella. La mia bimba ha due fratelli gemelli, entrambi maschi.
    Poi non dire che non ti avevano avvisata.

  4. Solo per farti sapere che domani sera viene a firenze Michela e che l’accompagnerò ad una delle sue conferenze.
    Inutile dirti che sono assolutamente intenzionata ad indossare il mio vestitino rosso.

  5. Lorenza: ma prego, ardisci pure :-)
    luca: vedi, questa è una delle cose che proprio non capivo prima di avere Bea e adesso capisco fin troppo bene
    prosaica: ok, messaggio chiaro!
    Vis: noooo, invidia plurima! Qui muoiono i pinguini dal freddo e in più sono assolutamente priva di occasioni mondane per sfoggiare il mio!

  6. Oltre che calda, Roma è sempre bellissima, la gente è rilassata…

    Sei sicura di essere scesa a Roma e non a Nizza?;)))
    Io sono disperata perché a Roma la gente è epilettica e fuori di testa.
    Il fatto è che chi viene da fuori Roma (non è una critica, anzi io invidio i turisti che si godono solo il bello della Città Eterna) percepisce solo la Roma racchiusa tra er Cuppolone e Piazza Navona. Invece, guardando una qualsiasi mappa, si può constatare che la Roma più grande e più autentica (non parlo di periferie, ma di quartieroni come Montesaro, Trieste, Portuense, ecc.) è quella che gira intorno al centro. Qualcuno potrà dire: Vabbè ma anche Parigi, Milano e New York hanno un centro bello e un hinterland che nessuno considera. Non sono d’accordo: il centro di Roma per me non è assolutamente rappresentativo della vita da romano. Non è un punto di osservazione obiettivo. Qui la maggior parte della gente lavora a due ora da casa, perché senza trasporti siamo fottutamente servi di moto e auto e quindi del traffico, e non è raro vedere risse ai semafori (vere) tra gente ormai devastata da una routine disumana (e dai lavori della metro fatti senza un criterio). Già Milano è diecimila volte più vivibile, meno bella forse, ma questa idea dei romani che si godono la vita è un puro clichè. Credetemi. Il cornetto è bbono, il caffè costa meno, ma il relax io a Roma non lo vedo se non al mare ai primi caldi, quando il romano si ritiene fortunatissimo di vivere a 20 km dalle spiagge.

    Già la Garbatella (e vi consiglio di leggere i post di tre quattro anni fa di questo blog fantastico di un milanese trasferitosi alla Garbatella: http://garbaland.net/)è più autentica, anche se ultimamente la pubblicità dei Cesaroni la ha un po’ impaginata.

    Insomma, non sto criticando nessuno, ma sono romana de Roma e ho vissuto quattro anni a Milano. Sognando quei bar dall’atmosfera rilassata della capitale, che invece, non esistono più. Per fortuna la pizza bianca è ancora la stessa;)))

  7. Stefania: ho detto che trattavasi di notazioni da turista. E, credimi, vivo in periferia di Milano, dove, senza auto, morirei di inedia in un paio di giorni perché non esistono negozi né mezzi pubblici per raggiungerli. So da racconti di amici e immagino come sia difficile vivere in una metropoli caotica e trafficata. Quello di cui parlavo era una diversa attitudine della gente che (nonostante tutto) mi pareva di intravvedere, fior di cliché. Ma, probabilmente, a Roma sono stronzi e incattiviti come a Milano, ed è stata solo una pia illusione favorita da una mezza giornata di cazzeggio. Insomma, non c’è speranza. Solo una domanda: da quanto tempo hai lasciato Milano? Per definirla “diecimila volte più vivibile” mi sa da parecchio…

  8. Ahahah no ho lasciato Milano da quattro anni, solo che abitavo a Porta Romana e lavoravo al Duomo;))))))))

  9. Ovviamente, volevo solo ricordare che “magari a Roma fosse così”. Benvengano tutte le volte però in cui un turista o una bionda giornalista riescano a godersela;)

  10. claro :-) E magari io abitassi a Porta Romana e lavorassi al Duomo, maledizione :-)

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