A cosa servono i palloni incastrati sotto le marmitte, a ricordare quando fuori si giocava fra le 127.
(Samuele Bersani, Che Vita!)
Un commento di Alex ha aperto la via al solito amarcord. Questa volta riguarda i giochi “di strada”. Sì perché io ho avuto la fortuna di crescere in un quartiere collinare di Genova, con poche auto e un po’ di spazio per giocare. Unico neo delle alture: se il solito bambino col piede a banana (ce n’era uno in ogni compagnia) calciava il pallone con malagrazia, rimbalzava in discesa per chilometri fino al mare: perso per sempre.
Però era davvero bello: pomeriggi interi a correre e giocare, senza playstation, tv, orrendi Gormiti e rischio obesità .
Lo so, sembra un secolo fa, ma erano “solo” gli anni 80. Le mamme che non lavoravano ogni tanto buttavano un occhio dalla finestra, ma senza nevrosi; i pericoli non c’erano o forse non si avvertivano, non lo so. So solo che ci siamo divertiti un sacco e mi spiace molto che con ogni probabilità mia figlia non conoscerà mai quelle giornate fatte di nascondino e palla avvelenata e per muoversi un po’ dovrà essere caricata in auto e accompagnata alternativamente in piscina, a pallavolo o a tennis e respirare l’aria artificiale della palestra che sa di caucciù e sudore.
Comunque, i nostri giochi preferiti erano Nascondino, ovviamente: si gridava: “Liberi tutti” oppure “Tana” quando si toccava il muro dove il malcapitato di turno “stava sotto”. Poi Fulmine: chi stava sotto doveva rincorrere e toccare gli altri che rimanevano fulminati fermi sul posto finché un altro non li liberava. Alto e basso: chi guidava il gioco urlava appunto Alto o Basso e tu dovevi salire o scendere da portoni e marciapiedi (chiamato anche Rialzo). Ancora, i Quattro Cantoni e Un due tre stella (no, non il reality…) dove restavi immobile in posizioni da Asthanga Yoga.
Anche se il mio preferito in assoluto era Strega comanda color con la strega che decideva un colore e tu dovevi trovare e toccare quel colore prima che ti prendesse lei. Ricordo una vittoria esaltante una volta che il colore era viola e io vinsi arrampicandomi su un muretto e sfiorando i petali di una gloriosa bouganville. Variante meno apprezzata: Strega comanda numero: il materiale era fornito dai citofoni e dalle targhe delle auto.
Quando eravamo stanchi di correre, le guance in fiamme e i capelli appiccicati alla fronte, ci riposavamo con il Pampano: si disegnava lo schema numerato con i gessetti sull’asfalto, si lanciava il sasso e via a saltellare su un piede solo. Non dimenticherò mai la suspense delle ultime fasi del gioco quando si saltava a occhi chiusi cercando di non pestare le righe di gesso, urlando: “Pane!” Se andava bene, la risposta degli altri era “Salame!”. Al grido “Prosciutto”, invece, sapevi di aver pestato una riga e via, dovevi ricominciare tutto da capo.
E voi a che gioco giocavate?
Io ho avuto la “fortuna” di crescere in un quartiere del centro storico di Napoli. Mia madre non ci lasciava uscire da soli e per strada correvi il rischio di essere steso da un motorino o un’auto, di assistere a scene da film d’azione o di incappare in cattive compagnie.
Quindi giocavamo in terrazzo (70mq con vista, in lontananza, sul Vesuvio) a Un, due, tre, stella, Strega comanda color, Nascondino e Barbie.
Soprattutto tante Barbie!
io oltre quello che hai citato tu…. soldatini, biglie, subbuteo, “caccia alle lucertole” e ovviamente calcio (in strada, tra le macchine parcheggiate, in strade piene di buchi… ovunque) !
quelli che dici tu ma dieci anni prima, al milanese parco solari. più tanta bici, il monopattino e gli schettini: le ginocchia sbucciate erano obbligatorie.
Tutti quelli che hai citato. E poi (se pioveva) il “filo di parole” e “i difetti” ;-)
Dania: le Barbie per i pomeriggi di pioggia.
terra: bici e pattini anche io, ma non sotto casa, solo quando si andava al parco.
Placida: filo di parole, sarebbe? Come il telefono senza fili?
Io stavo in un gruppo di soli maschi e, mentre loro facevano la guerra, io ero la principessa contesa. Tipo Elena di Troia! ;-)***
mi tiri per i capelli (che non ho!) e allora becca questo:
intanto per me erano gli anni 50/60 e le strade erano ben più sgombre.
I giochi che andavano per la maggiore (ricordiamoci che i figli di guerra nel Dna c’era quel qualcosa… e allora si giocava nelle macerie alla ricerca di qualcosa, qualunque cosa e difatti gli artificieri avevano lavoro.
Poi divertenti erano gli scontri tra le bande: io ero di S. Giorgio e gli scontri epici erano con la Maddalena e S. Siro, gli amici erano la Spianata e il Carmine, ci si armava andato nei negozi di stoffe e telerie per farsi dare le “scalette” che smontavamo e rimontavamo come spade, altra arma micidiale era la “cannuccia con lo stucco con spillo in cima”, per non parlare degli scontri a pietrate in salita S. Gerolamo.
Altro gioco che di solito si faceva la sera sotto casa in via dei Conservatori del mare: i cavalli marci, cioè si facevano due squadre, una si poggiava al muro aggrappandosi uno all’altro (come un cavallo) poi la squadra avversaria prenderva la rincorsa per saltare il più lontano e il più vicino alle spalle del primo, e via di seguito i più possibili sino a far crollare il cavallo…
poi c’era la serie di salti in successione, manata sulla schiena e gambe larghe declamando la serie: uno la luna, due il bue, tre la figlia del re… ecc. chi sbagliava andava sotto.
Ma il più bel gioco era andare a villa Bruzzo (Righi, via Chiodo), prendere i fucili 91-38 nascosti con le cartucce e sparare ai colombacci. Molto difficile con un solo proiettile senza la rosa dei pallini.
Insomma era tutto un gioco dettato dalla voglia di scoperta come passare tra le sbarre del porto e farci i giri con le biciclette dei portuali…
Era un gioco anche appendersi all’uscita di scuola, ai camion della distribuzione bibite e fare il pieno (anche di schiaffoni dei carabinieri).
Ci sarebbe altro… ma mi sto inondando di nostalgia!
ciao
Alex
devo anche – è obbligatorio – ricordare la “lippa” una sorta di baseball colpendo un fuso con una mazza e farlo finire in uno dei quattro angoli vigilati dagli avversari in piazza Giustiniani;
le “scuriserve” pacchettini con polvere pirica e potassio che scoppiavano fragorosamente sotto le rotaie dei tram,
ma chi aveva la fortuna di giocare a casa a dottoressa e malato era, fidati, impagabile… io ricordo Celly che conosceva ogni tecnica per guarire più malati possibile…
arriciao
Alex
io son cresciuto in campagna….caccia alle lucertole…arrampicature su alberi.. e soprattutto incursioni segrete nella grotta di Castiglione, se ci beccavano sai che mazzo… e poi pompieri..abbiamo incendiato alcune fasce con mazzo relativo,, ma poi cannette non ditemi che non avete mai giocato a cannette…cannette a morire interi pomeriggi a cannette…insomma la Cerbottana! si recuperava dalla spazzattura o dal lampadario della nonna il tubo in ottone e poi con striscie di carta de l’intrepido o del monello (la miglior carta per le munizioni) si facevano questi coni da inserire e soffiando si colpiva l’avversario..all’inzio era un canna sola poi ci siamo ingegnati e certe paghette sono finite tutte da quello che vendeva lampadari.. costruendo delle armi sovraposte o adirittura 4/5 tubi in linea in modo da avere sempre munizioni in canna…a Castiglione se ne parla ancora ora di quelle epiche battaglie 30/40 ragazzin per il paese che si sparavano da ogni angolo…e poi lancia rossa ma solo nel brevissimo periodo del catechismo… e poi la bici da cross nel campetto preparato ad arte.. e tu vaglielo a spiegare ai nostri figli… figli di psp xbox e ipod… anche allora c’erano gli obesi ma era uno su 500 e di solito era simpatico adesso sono di più e pure rompicoglioni
Più o meno i miei giochi erano quelli… con la bella stagione le mie cugine , mia sorella ed io stavamo in terrazza (vivevo al centro della città quindi le macchine lì c’erano) a giocare a pampana, un due tre stella, nascondino, girare intorno al terrazzo in bici, a dare i nomi agli animaletti che si fanno a palla ecc ecc. Ma il nostro gioco preferito era ZIA RITA. Inventato da noi quattro. Io ero Zia Rita, le mie due cugine mie figlie (NB. mi chiamavano cmq zia rita e non mamma) e mia sorella mia nipote (IDEM)… poi c’erano i cicciobelli (cercato di allattare con il latte vero…tanto faceva la pipì)e le pritty altre figlie/i.
Ogno giorno battezzavamo un figlio e la torta di compleanno divisa in fettine era la girella motta. Poi scoppiava la guerra e con i nostri averi ci nascondevamo sotto il tavolo di cucina e la nonna ci veniva ad avvisare che la guerra era finita. (Non ti spaventare, ma la casa in cui vivevo si chiamava la “casa bucata” perchè nel lontano 40-45 era stata bucata dalla guerra). Ma la cosa più bella era quando zia Rita & co andavano e esplorare lo spazio e allora costruivamo le navicelle spazziali con scatole e pennarelli che servivano da pulsanti… o quando a turno si poteva indossare il cappello di visone della nonna… che lusso!
Princy: ah, però! Mica male, fare la bella contesa!
alex, i tuoi ricordi così dettagliati, con tanto di vie di Genova, sono impagabili, soprattutto per chi li sta leggendo in un’uggiosa giornata milanese. Della lippa mi parla sempre anche mio padre!
Luca: secondo me eri uno di quelli che tirava lo stucco in testa alle regazzine… Li odiavo!
Sara: Zia Rita vince il premio per il gioco più originale (non ci ho capito molto, eh: ma va bene così!)
No; elenco di parole collegabili. Es: mare-sale-pepe-tavola-legno-albero-nido-penna-scrittore ecc ecc
Nell’ordine:
calcio, nascondino, figurine, biglie, elastico (sì, lo ammetto), bussolotti, 4 cantoni, stella comanda color, palla avvelenata.
Poi crescendo giocando a nascondino qualcuno spariva (in coppia) in solaio.
visto che siamo sul nostalgico, segnalo che questo fine settimana, a milano, oltre al capodanno celtico c’è la movida anni ’70: concerti, proiezioni, mostre e non so che altro. in piazza duomo ci sarà nientemeno che red ronnie, e alla biennale si inaugura un’esposizione dedicata a quel decennio. portate i fazzoletti.
terra: bello, grazie!
lo ammetto da infante ero un pò sarvegu ma lo stucco lo usavamo solo per sparare alle campane se vuoi ti spiego come………….
palline di stucco con dentro piombino da pesca..miravamo alla campana e lo stuco si spiaccicava sul bronzo e il piombo faceva din e sull’altra don ci alternavamo e il preto il povero Don andava a vedere almeno una volta alla settimana cosa si era rotto nel meccanismo che faceva suonare le campane un pò più piano del solito ma le faceva suonare……..
no con le ragazze ho imparato presto a giocare al dottore e l’infermiera niente stucco:)
Noi femmine, col grembiulino rosa, prima della scuola giocavamo a “settimana” (tipo il tuo pampano). I quattro cantoni si faceva anche coi maschi, così come Strega comanda color…
Con le amichette che abitavano vicino a casa – età fra i 6 e 10 anni, mettevamo su un negozio dove si vendevano le foglie della siepe, in mostra sopra una cassetta di legno per la frutta vuota. I soldi li facevamo con ritagli di giornale.
Cristella
Cristella: mi hai fatto ricordare che passammo un’estate a raccogliere lavanda, fare i sacchettini e venderla in strada. Guadagnammo 18.000 lire (mica male, eh!) che finirono parte in chiesa e parte in un gelato!
A pallone.
Ero un teppistello in erba, ma senza erba.
Non ancora almeno
mi ricordo palla avvelenata, ce-l’hai,la settimana, l’elastico, l’orologio-di-milano-fa-tic-tac, le belle statuine,nascondino..nella strada sotto casa. Oggi è impensabile far giocare mio figlio in strada.
come faccio x parlare con alex?…. alex 6 in linea?…. devo kiederti un’informazione sulla villa bruzzo… ciao (scusate l’intrusione)
Ciao,
scopro il tuo blog mentre fuori dalle mie finestre cade la neve e sogno i lidi natii…
Quartiere ripido genovese anche per me: palla dieci, fulmine, i 4 cantoni, il mercato, alto e basso…
Che nostalgia! ti linko subito!
A presto, paola
noi il 4-4- 2009 organizziamo a sestri levante un partitone a lanciarossa. appuntamento in piazza del mercato alle 14 eqipaggiati con il vostro cartellino rosso o blu e il numero che preferite. il gico si estenderà per tutta sestri, quindi bambini si ma solo se accompagnati… per ora siamo più adulti che bambini, vabbè!