I ragazzi che non trovano lavoro. Che sopravvivono tra stage, cococo, cocopro. Niente mutui, niente progetti di vita, niente futuro apparente. Quelli che lavorano sul web, quelli che “fanno contenuti”. Sì ma no, ma, però, allora li assumiamo, no attenzione, c’è il Cdr*, se fanno contenuti devono avere il contratto giornalistico, ma col cavolo che gli editori fanno ancora contratti giornalistici, si tengono quelli che già ci sono e sono già troppi e magari non mettono i link perché non è di loro competenza, allora per evitare casini non li assumiamo e stop, altro giro, altro cococo.
Le non più ragazze che il lavoro ce l’hanno e ce l’hanno da anni e si chiedono se è questo quello che vogliono fare nella vita. Per tutta la vita. Il cartellino da timbrare che imprigiona la mente in un foglio excel di entrate e uscite e se non hai il cartellino è peggio, ché finisci a far più ore dell’orologio ma non va bene lo stesso, perché in Italia vince chi scalda la sedia più a lungo, chi si fa vedere dal capo vagare fra i corridoi fino alle 8 di sera, non chi porta i risultati, indipendentemente da dove lavora. La routine incessante, dal mattino alla sera, che mangia le giornate, le idee, che non offre più stimoli. Le riunioni inutili, i fiumi di parole, le decisioni che non vengono prese, le responsabilità che scivolano via, il navigare a vista, la confusione, i progetti senza capo né coda, la convinzione che per “fare internet” siano sufficienti due persone, magari un paio di stagisti, intanto basta schiacciare un bottone e fa tutto da solo, no?
E poi le priorità  che cambiano ogni mattina, le deadline assurde, i nuovi capi che si presentano e ci tengono a chiarire “Io, di internet, non capisco niente”, come fosse una medaglia al valore.
Viene davvero voglia di mollare tutto, darsi ancora una chance, viaggiare, frequentare tutti i corsi che prima o poi li faccio, sperimentare, cercare un’altra via, andare avanti senza porsi troppe domande e troppi obbiettivi, ridurre le spese, tanto compriamo compulsivamente solo per lenire sofferenze e frustrazioni di una vita che non ci piace più, che non ci somiglia più, e forse se vivessimo diversamente non avremmo così bisogno dell’ennesima borsa e dell’ennesimo paio di scarpe. Così, finché non finiscono quei quattro soldi che abbiamo messo da parte, e magari prima che finiscano abbiamo trovato la nostra strada.
E quindi chi il lavoro fisso non ce l’ha lo vorrebbe, chi ce l’ha muore di noia, pensa magari mollo tutto, pensa magari vado all’estero, ma all’estero, come disse mio bisnonno a mio nonno quando voleva partire per l’Argentina, “Cosa ti credi, non ci sono mica le viti legate con le salsicce”, e meno male che gliel’ha detto così si è fermato a Genova ed è nata mia mamma e poi sono nata io.
E c’è chi fa un figlio e viene guardata con sospetto quando rientra al lavoro, le mezz’ore misurate con il bilancino. “Ma come, non lavoravi sul web, tu? Ma come, e la flessibilità , e il telelavoro, e il mondo che è il tuo ufficio, e gli spot con quelli in camicia che lavorano da uno scoglio a picco sul mare?” “Eh no, se esco un’ora prima mi guardano storto.” “Ah, ecco.” E via a camminare sul filo tutto il giorno per ridursi a fare tutto male – l’impiegata, la moglie, la madre, la persona – e chiedersi se alla fine ne vale la pena e andare a ingrossare le fila di quelle che quasi quasi mollano tutto, almeno hanno un motivo, almeno hanno un alibi, almeno hanno una scusa, hanno fatto un figlio, non hanno bisogno di arrampicarsi sugli specchi per spiegare a genitori, mariti, amici basiti perché mollano il posto fisso, che con questa crisi, signoramia. Come se servisse un alibi per dire: basta, sono stufa, vado a riprendermi la mia vita, ora che ci penso mi è venuto in mente che ne ho una sola, e non c’è l’eternità davanti.
E quindi niente, meno male che tra un po’ ci sono le vacanze.
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*Comitato di redazione. Solitamente serve a tutelare diritti acquisiti perlopiù anacronistici senza vedere le decine e decine di collaboratori pagati come stagisti, che lavorano però come redattori assunti.
tu sai.
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Io ho mollato tutto, e me ne sono andata in Spagna.
Dove lavoro in un’azienda in cui stiamo fino alle 8 così il capo ci vede ed è contento, dove vengono le persone vengono promosse e licenziate in maniera assolutamente casuale, dove manca anche il minimo criterio di buon senso, dove le ragazze che vanno in permesso di maternità vengono considerate come delle handicappate.
E sarò un’ingrata, ma tra un po’ dovrei firmare il primo contratto fisso della mia vita, e invece di essere felice perchè non ho nemmeno 30 anni e molte mie amiche vivono con l’angoscia del “dove sarò tra 6 mesi”, mi sento come se stessero per attaccarmi una palla al piede, come quelle delle barzellette sui galeotti.
Selkis, ti capisco molto bene.
La frase “Cosa ti credi, non ci sono mica le viti legate con le salsicce” me la voglio far mettere su una maglietta!
(A tal proposito mi viene in mente che ho comprato una t-shirt con scritto solo “DISAGREE” credo che la indosserò alla prossima riunione, prima di licenziarmi ;)
Cara Blimu, forse i tempi sono maturi per mettere su in piedi noi qualcosa che dimostri agli “altri” che si può fare bene, senza scaldare la sedia, conciliando il pisolino pomeridiano con e il tempo di pensare, i bambini con un lavoro fatto bene. Forse qualcuno lo deve dimostrare che per lavorare bene basta lavorare meglio. Che dici?
parola per parola
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Dico che sì, dico che i tempi sono maturi, che l’idea è giusta, e che se c’è qualcuno capace di conciliare un lavoro fatto bene con dei ritmi di vita umani e, magari, un figlio, quel qualcuno è una donna.
Ci serve solo un business plan – io non lo so fare spendo tutto in scarpe – ma se ce lo fa qualcuno, count me in!
com’è vero…
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…come non condividere? Qualsiasi cosa facciate in questo senso, ci sono anche io!
che amarezza Blimunda questo tuo parlare di noi che moriamo di noia quando ci fermiamo troppo a lungo e di isteria quando corriamo troppo. noi che vorremmo correre, ma in una marcia dove l’itinerario lo decidiamo noi e l’arrivo una nuova partenza. una marcia dove ci possiamo fermare a bere quando abbiamo sete noi. una marcia dove possiamo camminare invece di correre quando il panorama merita e accelerare di adrenalina pura quando c’è la spinta. insomma, Blimunda e Pippawilson mi prendete con voi? :-)
Come dire…. sono tutte valutazioni che sono riuscito a fare in questi anni da impiegato d’ufficio (informatico). Un impiegato tuttofare, perchè le competenze sono mille, lo stipendio è per la più bassa delle competenze ovviamente mentre le altre sono dovute, perchè guai a rifiutarsi di svolgere un compito che non ti riguarda anche se per contratto non ne hai le responsabilità.. le mie 8(?) ore, il mio cartellino, i palliativi che alleggeriscono la giornata come le partite tra amici e quelle in tv, lo stadio, una birra, i giornali, che però all’interno della mia settimana hanno poco spazio, c’è poco tempo… la freneticità, il lavoro lavoro e solo lavoro… e mille altre cose… dalla mia un’età (25) e una gran rottura di palle dello stile di vita italiano. Che poi in fondo questo stile di vita è molto europeo più che italiano, ma noi ci diamo dentro mica male in altre cose… tipo la furbizia, l’opportunismo, il nostro dover essere sempre attenti a non farci prendere alle spalle, una quantità di persone con una mentalità ristretta… in tutto questo, ho ancora dalla mia un’età… e fortunatamente una testa. Io me ne vado in Australia, magari non ci saranno le viti legati con le salsicce, ma di sicuro non starò peggio di quanto si possa stare qui in questo preciso momento storico. Necessito di un futuro!
Io sono anni che ripeto al mondo che la scelta di essere autonoma, svincolata, consulente non equivale ad essere precaria ma è una precisa scelta di vita che mira a conciliare l’esigenza di avere delle entrate e delle soddisfazioni professionali con la necessità di vivere una vita appagante a livello personale e in cui si possa decidere cosa fare e quando farlo indipendentemente dagli altri, da chi ti paga e da chi decide per te.
Ho rinunciato a parecchi lavori fissi, a posti indeterminati (l’ultimo a maggio) per sentirmi dire che sono pazza, incosciente, che non ho capito niente.
Oggi come oggi sono soddisfatta: faccio quello che voglio, lo faccio come voglio, se sbaglio ne pago le conseguenze, continuo a comprare borse, pagare prestiti e ad innervosirmi se le cose non vanno come dico io.
Ma sono appagata perchè ho scelto e questo a 30 anni per me è tantissimo anche se quasi nessuno lo capisce.
Mi permetto di linkare un post che ho scritto qualche giorno fa.
http://www.valentinamaggi.net/2010/07/15/dublin-google-seconda-puntata/
Se e’ vero che all’estero le viti non le legano con le salsicce, e’ anche vero che con una bella dose di sacrficio e almeno altrettanta dose di culo (passatemi il francesismo), all’estero una speranza c’e’.
Da ex lavoratrice del web in Italia, non posso che sottoscrivere e condividere questo post. Purtoppo!
Cara MademoiselleAnne, grande ammirazione e invidia per la tua situazione. Io da freelance facevo la fame e mi sbattevo come una pazza per due lire :(
Io mi sbatto Pippa, ci sono periodi dell’anno in cui sono una trottola, in cui trovare il bandolo della matassa è complicato però ti dirò una cosa: quando lavoravo in ufficio avevo perso qualsiasi stimolo, non avevo voglia di fare niente, riscaldavo la sedia ed ero perennemente triste.
Oggi come oggi ho delle cose mie e sono consulente/freelance per varie realtà e sono sempre alla ricerca di altro perchè devo avere lo stimolo altrimenti non mi diverto e impazzisco:)
Che ce posso fa’? Sarò strana, boh ma secondo me il fantastico mondo dell’ignoto mi attrae…
Mammamia, fa quasi paura leggerlo tutto insieme ma si, rispecchia perfettamente quello che anche io ho riscontrato lavorando in italia “sul web” (che come definizione gia’ fa ridere di suo e fa capire quanto poco riguardo ci sia in Italia per la comunicazione online).
La mia scelta e’ stata di andarmene (UK), ma capisco che non sia una scelta per tutti, e non e’ giusto che diventi l’unica.
Anche se, sara’ che a Londra c’e’ il “Silicon Roundabout” (versione europea della Silicon Valley), sembra davvero di vedere viti legate con le salsicce.
Lavoro qui ancora da troppo poco per dare un giudizio globale sulle prassi, pero’ l’atmosfera che si respira e’ entusiasmante. Idee messe in pratica, la sensazione che, se ci metti l’impegno, hai mille possibilita’.
Io, per ora, in questo clima nemmeno lo voglio il posto fisso. Ho un contratto a base annuale, e mi sta bene cosi’, perche’ mi rendo conto che se andasse male per qualsiasi ragione, troverei di nuovo un buon lavoro in tempi rapidi. Per il primo, con zero esperienza di ufficio UK, ci ho messo un mese esatto, rifiutando anche qualche offerta.
In ufficio spesso parliamo delle diverse realta’ europee, e loro non si capacitano di come ci sia scarso riguardo per la comunicazione online in Italia. Perche’ il bacino di utenti e’ enorme, quindi se ci fossero aziende rivoluzionarie e fuori dagli schemi “italiani”, potrebbero avere un successo enorme.
L’ultimo periodo: ecco, così, parola per parola
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Mica solo i lavoratori del web :(
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dade, no, certo, ma sai che siam bravi a lamentarci di quello che conosciamo meglio.
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Blimunda, è ora di riprendere il discorso lasciato in sospeso. Io mi do fino a dicembre qui in azienda e poi mollo tutto un’altra volta. Quando vuoi ne riparliamo
Ricapitolando: Simon, vola via in Australia, sei giovanissimo, cosa aspetti?
Chi all’estero c’è già, inevece, più o meno conferma la mia ipotesi (e i miei ricordi di quando vivevo a Londra): non ci saranno le salsicce a legare le viti, però per molti versi si vive meglio che qui.
In molte, vedo, condividiamo lo stesso tedio e la stessa voglia di fare altro. Laura, a settembre s’impone un pranzo. Business plan, anyone?
Disponibile per aiutarvi con il Business Plan.
Se vi serve una rompiballe fate un fischio:) Sempre che io riesca davvero a lasciare le ridenti pecorelle irlandesi:)
Hai scritto una grande verità, e ti ringrazio per averlo fatto. Da quando non sono più schiava della paura di perdere il lavoro vivo meglio e compro meno. Un po’ perchè ho meno soldi, un po’ perchè un pomeriggio in giro per commissioni non rimandabili o sotto un albero in un parco mi ripagano molto di più di una borsa o un paio di scarpe.
A volte si fa fatica, ma quando ero in ufficio col mio bel contratto a tempo indeterminato mi sentivo come se affogassi ad ogni parola e ogni ora del giorno pensavo “ma è tutto qui? dove sono le novità? dov’è la mia vita?”.
Grazie davvero per questo per post.
tillaus, preso.
mademoiselle, noi crediamo nel telelavoro!
Fairy: grazie a te, ma non ho fatto altro che scrivere ciò che penso da un po’. Ed è sempre molto bello quando – magia del blog – un pensiero personale diventa un comune sentire.
Grazie! Hai descritto esattamente la situazione che sto vivendo già da qualche mese. Sono felice di sapere che non sono l’unica a pensare che per ‘darsi’ una possibilità ci sia sempre tempo. Ho una coscienza e un senso del dovere che, mi accorgo, possono diventare una trappola. Ma so anche che manca pochissimo al ‘salto’.
Lo farò perchè, me lo ripeto ogni giorno, so di ‘meritarmi’ di più. :)
ho appena scoperto questo blog, molto bello!
e questo post quante verità che dice…
io sono purtroppo ancora nella fase “ragazzi che non trovano lavoro. Che sopravvivono tra stage, cococo, cocopro. Niente mutui, niente progetti di vita, niente futuro apparente.” :(
e intanto sogno l’estero…
Purtroppo sono leggermente sollevata a sapere di non essere l’unica.
Purtroppo.
L’essere sempre infelice e insoddisfatta, arrabbiata, raggirata,
frustrata.. il giorno che inizia.. la settimana.. l’angoscia che sale..
le ultime specifiche che ribaltano giorni di lavoro e che appena rifinisci il lavoro ne arrivano di nuove..
la fretta, il tutto subito.. anzi prima, l’assoluta indifferenza dei tuoi diritti e il carico di doveri..
il modo dei superiori di farti capire che non sei niente, nessuno.
I sorrisi falsi se hanno bisogno e il trattarti come pezza da piedi subito dopo..
Gente assurda, incoerente, avida, avara, subdola. Falsa.
Scusatemi lo sfogo ..
grazie. Riassume benissimo tanti pensieri, cose dette e cose ascoltate. che tristezza..
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grazie. Riassume benissimo tanti pensieri, cose dette e cose ascoltate.
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Posto fisso e web non vanno molto d’accordo credo. Ho sempre lavorato con contratti a tempo indeterminato, in dieci anni quattro posti diversi, ma o me ne sono andata io o loro sono falliti. Ogni tanto mi sento come la protagonista di Chocolat. Per esempio adesso sto elaborando un piano per licenziarmi ;-)
la prossima volta, alla cena delle donne che lavorano sul web e che sognano un’altra vita e tutto il resto, mi sa che toccherà pagare a te :)
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La t-shirt con le salsicce secondo me potrebbe pure diventare un must per la prossima PE11. Io, giuro, la propongo, anche perchè andarsene prima è fuori discussione.
(Mal) comune sentire, mezzo gaudio. Quasi quasi, ti leggo più spesso. (io nel problem solving – altrui – ho una discreta esperienza. Lo faccio extra budget in ufficio, posso farlo anche per un nutrito gruppo di Wonder Women sotto pagate come me…)
oddio, dici?
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Cara Blimunda,
la tua definizione di cdr è ESATTISSIMA! Mesi fa insieme ad alcuni colleghi (collaboratori precari e free lance) abbiamo discusso della cosa su FB e uno di quelli assunti e con “privilegi anacronistici” ancora un po’ ci menava. Il problema è anche questo, chi i privilegi ce li ha se li tiene (e mica sono pochi…) e gli altri si fottano (perdonate il francesismo). Ad ogni modo Blimunda, Pippawilson se doveste varare qualcosa ci starei anche io dalle mie lontane Marche. Dove peraltro (messaggio per Pippa vista la sua passione) producono bellissime scarpe e all’outlet Tod’s di Casette d’Ete ci sono pure le Roger Vivier…
mi ero persa questo post, sottoscrivo tutto. Il mio downshifting sembra dare i risultati sperati, spero mai più cartellino nella mia vita.
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Stefania, idem. Speriamo.
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E’ da circa un anno e mezzo che mi sento insoddisfatta di quello che faccio e vorrei cambiare lavoro. Sono a progetto da 2 anni e mezzo e mi si prospetta di restarci per altri 4 almeno (qua fanno il contratto a tempo indeterminato dopo circa 7 anni..ovvero sarebbero i miei 34 anni (???!!!!)). Sono trattata a tutti gli effetti come una dipendente, anche se rispetto a loro non ho permessi, ferie, tredicesime e buoni pasto!
Mi sento fortunata perchè tutti gli amici dicono che mi pagano abbastanza e che non si trova lavoro, ecc. ecc. E così “si permettono” di dire: no, non devi lasciare, che vai a fare, poi non trovi nulla! E io rimando, e aspetto, e mi sveglio ogni lunedì mattina con un macigno sul corpo che mi fa faticare ad alzarmi dal letto.
Non vorrei assolutamente il posto fisso, in questo momento non vorrei neanche la casa, vorrei solamente provare a fare altro e avere i soldi sufficienti a permettermi di pagare l’affitto a Roma (ahia!). Basterebbe poco e allora perchè manca il coraggio?
“gli spot con quelli in camicia che lavorano da uno scoglio a picco sul mare?”
Non li conosco, io lavoro prevalentemente da casa, prevalentemente sul web, e mi vedo per lo più in ciabatte, pigiama, non pettinata. E mi sembra poco attraente ma, si sa, si vedono sempre i lati negativi della propria situazione… :-)
Io al posto fisso non ci tenevo e non l’ho mai avuto. Però avevo un contratto annuale rinnovato da 4 anni e che sarebbe stato rinnovato ancora se non me ne fossi andata. Ora so che era praticamente un posto fisso. E avevo uno stipendio; basso ma uno stipendio.
Ho lasciato tutto nell’ambito di un generale “processo di rinnovamento esistenziale”: casa nuova, compagno nuovo, città nuova etc… pensando che un lavoro che mi dava poche soddisfazioni, 1000 euro e un contratto di collaborazione era qualcosa a cui avrei potuto rinunciare con pochi rimpianti.
In realtà i rimpianti ci sono poi stati. Ora sono una “forzata” della partita Iva e se economicamente sto meglio di prima è solo perchè ho una seconda attività con il mio compagno e ho affittato il mio appartamento. In pratica lavoro di più, per società meno “solide” dell’editore con cui stavo prima e guadagno meno. Senza contare la competenza che avevo acquisito lavorando per alcuni anni in una rivista di settore: quella è andata persa e non mi sembra di acquisirne altra…anzi. Poche palle, oggi sono una che si arrabatta in un lavoro in cui non è brava.
Tutto ciò per dire che? Un po’ per sfogarmi (scusa Bli per l’usurpazione di spazio:)) e per suggerire “C’è del positivo e negativo in ogni cosa che si fa. Pensateci bene prima di mollare tutto…Sicuramente troverete cose positive, ma anche cose che così positive non sono e, visto da lontano, quello che state facendo adesso non vi sembrerà così orribile. Mi suona strano fare appelli alla prudenza, proprio io che sono una “testa calda” però bisogna essere onesti. Tornando indietro io non so se lo rifarei…
non lavoro sul web, ma hai comunque descritto la mia vita, il mio lavoro, la mia voglia di cambiare (sì, ma come??):
“Le non più ragazze che il lavoro ce l’hanno e ce l’hanno da anni e si chiedono se è questo quello che vogliono fare nella vita. Per tutta la vita. Il cartellino da timbrare che improgiona la mente in un foglio excel di entrate e uscite e se non hai il cartellino è peggio, ché finisci a far più ore dell’orologio ma non va bene lo stesso, perché in Italia vince chi scalda la sedia più a lungo, chi si fa vedere dal capo vagare fra i corridoi fino alle 8 di sera, non chi porta i risultati, indipendentemente da dove lavora. La routine incessante, dal mattino alla sera, che mangia le giornate, le idee, che non offre più stimoli. Le riunioni inutili, i fiumi di parole, le decisioni che non vengono prese, le responsabilità che scivolano via, il navigare a vista, la confusione, i progetti senza capo né coda”
Temo che sia una situazione generalizzata… vorrei tanto trovare una soluzione, ma al momento non vedo via d’uscita….