Nel mondo delle fiabe con Bettelheim

Mamma, ma noi non possiamo entrare nel libro e cambiare la storia, vero?

La frase, pronunciata dalla vocina della mia quattrenne durante la lettura del Pesciolino d’oro di Puskin è arrivata alla fine di un’estenuante botta e risposta (sì: le femmine parlano tanto) del quale vi riporto solo le ultime battute.
“Mamma, ma che moglie cattiva ha il pescatore”
“Eh sì”.
“Mamma, ma perché ha sposato una donna così cattiva?”
“Perché le persone a volte sbagliano. Avrebbe dovuto scegliere una persona migliore”.

E qui è arrivata la frase citata in apertura. Lapidaria, definitiva.
Per farmi capire, ancora una volta, che i bambini, anche molto piccoli, conoscono perfettamente i confini tra fiction e non fiction. Tra storia narrata e realtà, tra libro e vita vera.
Lo dico perché io, madre per caso che impara ogni giorno, più di una volta mi sono interrogata sull’opportunità di leggere a mia figlia fiabe spaventose, dure, crudeli. Le famose versioni originali, che così poco hanno da spartire con i cartoon edulcorati di Disney, dove tutto è sfumato e appiccicoso di melassa e se proprio la strega malvagia deve morire, la si fa vedere precipitare da un crepaccio sullo sfondo e poi arriva subito la canzoncina a distrarre il pupo. Mi chiedevo se fosse il caso di farle incontrare matrigne isteriche, orchi malvagi che di notte si confondono e sgozzano le figlie (oh, le notti in bianco che ho fatto dopo averle letto Pollicino, mentre mia figlia, la presunta traumatizzata, russava beatamente), sorellastre malvagie che si segano pezzi di tallone per infilare l’ambita scarpetta di cristallo e lupi sventrati e ricuciti. Non ha ancora diritto, mi dicevo, a un po’ di bellezza, a un po’ di ovatta?
Poi, per noi madri è ancora peggio. Ci avrete fatto caso ma, orchi a parte, i personaggi peggiori di ogni fiaba che si rispetti sono le donne. Non solo la matrigna; proprio la madre. O è morta subito e ha lasciato la fanciulla o il fanciullo soli e disperati in balia appunto della matrigna, o istiga il padre, solitamente inetto e succube, a far sparire la prole lasciandola di notte in un bosco perché “intanto siamo poveri e non c’è cibo per sfamarli”. Roba che da una parte mi consolava perché al confronto sono una madre sufficientemente buona, per citare la frase di Winnicot ricordata anche da drdedalo, quella che ha salvato molte di noi dalle peggiori crisi di inadeguatezza; dall’altra mi offendeva e faceva infuriare.
A proposito invece dell’inettitudine dei padri delle favole, quella mi è tornata in mente leggendo in questi giorni Il bambino indaco, bellissima e intensa storia di un amore materno malato, dove il padre fa da spettatore passivo. Ma non divaghiamo.
Per fortuna un’amica trifigliata, ascoltando i miei vaneggiamenti veterofemministi sulla figura materna offesa dalle fiabe, mi ha consigliato la lettura de Il mondo incantato di Bruno Bettelheim. E non smetterò mai di ringraziarla, perché mi ha aperto un mondo.

Pressoché ogni bambino è convinto che i suoi genitori la sanno più lunga di lui su tutto, con una sola eccezione: quando lo sottovalutano.

Leggendo a mia figlia le versioni addomesticate delle fiabe, per non spaventarla, io le facevo un torto enorme: la sottovalutavo.

Leggetelo. Oserei dire, anche se non avete figli. E non dico che abbandonerete Disney, se vi piace, oppure smetterete di leggere favole contemporanee, che vanno benissimo. Perché va benissimo leggere praticamente qualsiasi cosa ai figli. Grazie a questo libro, però, comprenderete l’importanza di trasferire a vostro figlio archetipi fondamentali per la sua crescita. E che, come tutti gli archetipi, possono sembrare a noi adulti tagliati con l’accetta, ma sono utili per un bambino. La madre non c’è quasi mai o è cattiva perché, ci siamo passati tutti, bisogna ucciderla virtualmente (speriamo) per crescere. Però, siccome una figura materna serve, eccola ricomparire nei panni della madrina, della fata buona, della vecchietta generosa. Così abbiamo sistemato e ricomposto nella mente del figlio anche la duplicità della figura materna, a tratti amorevole, a tratti erinni urlante che minaccia castighi.
E poi le prove da superare, le persone che si incontrano, capire se ci si può fidare o no, i colpi di genio quasi sempre avuti dal più piccolo dei fratelli (intelligenza e intuito contro forza), la paura della solitudine, il viaggio iniziatico per uscire dalla famiglia e conoscere il mondo; tutte le tappe della crescita e dello sviluppo sono condensate in un racconto metaforico che il bimbo afferra a livelli diversi, ma comprende nell’essenza. Tramite la fiaba, il bambino comprende che:

una lotta contro le gravi difficoltà della vita è inevitabile, è una parte intrinseca dell’esistenza umana, che soltanto chi non si ritrae intimorito ma affronta risolutamente avversità inaspettate e spesso immeritate può superare tutti gli ostacoli e alla fine uscire vittorioso.

E scusate se semplifico così tanto un libro complesso, denso, da leggere e rileggere, che insegna a capire le fiabe, a distinguerle dalle favole e dai miti, ma anche a raccontarle.
Leggetelo, e cogliete l’occasione per ritrovare le versioni originali delle storie, quelle che fanno paura (solo a noi adulti), quelle che fanno pensare. Io, cresciuta come molte bambine degli anni 70 con una dieta mista di Rodari e Disney, ho scoperto il sanguinoso dettaglio dei piedi tagliati delle sorellastre solo poco tempo fa. E mica lo sapevo che al lupo avevano messo delle pietre nella pancia e l’avevano ricucito, dopo aver fatto uscire la nonna e Cappuccetto.
Poi è stata sempre mia figlia, un po’ di tempo fa, a farmi capire di essere sulla strada giusta.

“Mamma, quando sarò grande sposerò papà.”
(Sospiro, occhi al cielo, espressione modello: questa me l’aspettavo) “Amore, papà è già sposato con la mamma.”
“Ma no, tu fai la madrina che vola con la bacchetta magica”.

(Se non altro, non ha detto “No, tu fai la strega cattiva”. Ci siamo: sono una madre sufficientemente buona).

Post pubblicato in origine su VodafoneNews 

6 thoughts on “Nel mondo delle fiabe con Bettelheim

  1. Bello ciò che scrivi. Copio e faccio leggere alla mia amica Chiara “appena incinta”. Io, essendo vecchiotta, sono cresciuta a fiabe truculente e le ho lette ai figli. Non mi sembra che ci abbiano traumatizzato, siamo una madre e due figli “sufficientemente buoni”. Credo.

  2. Quanti spunti interessanti!!!
    Proprio in questi giorni ci e’ stato regalato il libro di cappuccetto rosso ma Marta (3anni) non vuole che glielo legga perche’ ha paura del lupo….(all’asilo le hanno raccontato gia’ questa storia…)
    Non so se “insistere” e cercare di spiegarglielo leggendolo insieme o lasciarlo li a sedimentare in attesa che la paura passi………

  3. Aspetta: se ha avuto paura, forse insistere è inutile. Riprendilo tra un po’.

  4. grazie, hai ragione…non so infatti quanto una spiegazione “razionale” possa servire a far passare paure “irrazionali”, soprattutto vista l’età……

  5. Vero, moltissimi spunti interessanti in questo post.
    A proposito del sottovalutare i bambini, mi viene in mente un episodio accaduto con la mia nipotina di tre anni e mezzo. Io e i suoi genitori impegnati a chiacchierare, non ci accorgiamo che nel frattempo in tv è comparso il secondo film della trilogia de Il Signore degli Anelli, quello forse più cupo e truculento. La bimba si trova a guardare un primo piano ravvicinato di un orco che digrigna i denti in un’espressione effettivamente mostruosa. Allarme nostro, panico assortito, ma chi è che ha cambiato canale?, etc. Per tutta risposta, la mia splendida nipotina ci guarda trionfante e dice: “Mamma, hai visto il drago? Ha fatto grrr”. E per venti minuti è andata avanti a fare il drago che fa grrr, e a metterci paura. :-)

  6. Tolkien odiava sinceramente la propaganda Disney.
    E personalmente considero Tolkien un signore che ha speso molti anni della sua vita, quasi tutti direi, a studiare i miti e le sue tradizioni, ah sì poi ha anche scritto storie… ;-)

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