Di blogger e giornalismo online e offline

Prendo spunto dai dati del sondaggio Diario Aperto per un piccola riflessione. Sono anni che ormai si discute del giornalismo online e offline, delle peculiarità dei due mezzi e degli skills necessari ai giornalisti. Semplificando molto, di solito chi ha lavorato solo sul cartaceo guarda con sufficienza (sì, ancora oggi) i giornalisti che hanno esperienza solo online. Viceversa, chi si è formato su internet considera gli operatori dell’informazione su carta come una strana specie di dinosauri in via di estinzione. Ormai più che una contrapposizione professionale somiglia a un gioco di ruolo.
Io posso dire di aver imparato davvero molto da entrambe le esperienze, che continuano tuttora. Ho lavorato in redazioni cartacee dove i colleghi mi chiedevano “Mi fai una ricerca su Google, che tu sei quella di Internet” e ho lavorato in redazioni solo online dove molti colleghi non avevano mai visto un file Xpress (beati loro: trattasi di software per l’impaginazione, responsabile del 60% di miopie e astigmatismi gravi).
Dalla carta ho appreso la costruzione dei pezzi secondo una struttura precisa, il maggior controllo delle fonti (parlo di periodici, non di quotidiani; c’è più tempo, di solito), la cura del linguaggio. Probabilmente pochi lettori lo sospettano, ma ci sono direttori che ti costringono ad acrobazie verbali inusitate e circonlocuzioni lunghissime pur di evitare una ripetizione (in un pezzo di 9.000 battute, il che complica le cose). Per cui, dizionario dei sinonimi e contrari alla mano e tanta fantasia. Ho imparato che l’accuratezza formale (allineamenti, bandiere, titolini, “pesi” e lunghezze dei paragrafi) è importante quanto il contenuto. E che il contenuto va letto e riletto e ricontrollato perché se hai commesso un errore, una volta stampato resterà lì nei secoli a gridare tutta la tua incompetenza. D’altro canto, trovo sempre più assurdo scrivere oggi un pezzo che uscirà in edicola fra due mesi e non poter utilizzare link cliccabili: quando devo scrivere www. eccetera mi viene una crisi di nervi.
Dalla Rete, è fin troppo facile da dire: si apprende la velocità, la concisione, l’utilizzo di più fonti e più media, la condivisione e anche la gratuità delle informazioni. Un giornalista tradizionale non scrive due righe gratis nemmeno con la pistola alla tempia; un giornalista online, ragione di più se blogger, fa della condivisone di dati e informazioni gratis la sua cifra distintiva. In più la possibilità di editare continuamente l’articolo permette di lavorare a ritmi impensabili; metto su il pezzo in 5 minuti così il buco è tappato, poi con più calma controllo refusi e consecutio.
Ora io non so se, come promette di sé stesso il New York Times, il giornale di carta è destinato a sparire. Probabilmente sì anche se magari non nei tempi rapidi profetizzati dal quotidiano statunitense. Quello che leggo dalla ricerca di Studio aperto è che l’83,9% degli interpellati ripone ‘molta’ o ‘abbastanza’ fiducia nei blog più autorevoli; più che nei quotidiani cartacei (73,1%) o nelle versioni Internet dei quotidiani (75,6%) e molto di più rispetto a telegiornali e radiogiornali (45,6%). Che il 26,7% degli intervistati da quando legge i blog legge meno i quotidiani. E addirittura il 59% guarda meno la tv.
Però penso che oggi, in Italia (e sottolineo in Italia) un’esperienza di giornalismo cartaceo sia ancora utile per fare questo mestiere. Sono professionalità che si integrano, non che si combattono.

17 thoughts on “Di blogger e giornalismo online e offline

  1. Concordo al 100% con quello che scrivi, sono assolutamente d’accordo sul fatto che forse il cartaceo sparirà ma molto molto più in là delle previsioni, ma molto più in là.
    Per quello che può interessare la mia opinione al resto del mondo, credo che l’evoluzione dell’informazione abbia più il formato di un blog che di un quotidiano online, dove la gente sia parte integrante della cosa, e soprattutto vada a vedere le informazioni che interessano, se a me non interessa il gossip non andrò mai ad aprirne una pagina, mentre oggi sfogliando un giornale bene o male leggi della Canalis per forza! L’informazione diventerà più specifica e l’utente finale sarà finalmente informato solo su quello che veramente gli interessa

  2. Io sono conbattuto.
    Da una parte l’esistenza di Internet (non necessariamente il Blog come fenomeno ma Internet come mezzo di comunicazione globale) mi ha sempre entusiasmato. Se solo si pensa a quante informazioni (fonti autorevoli) oggi si possono raggiungere è incredibile. Inoltre mi rende libero dal ricatto sindacale degli scioperi di settore.
    Dall’altra parte però, non credo che tutta questa facilità di mettere a disposizione informazioni (utili, e inutili come il 95% dei Blog) aumenterà il tasso di conoscenza delle persone, rendendole più informate e magari meno ignoranti.
    Io preferisco pensare a una sistematica rivoluzione nel campo dell’Informazione (I maiuscola), con giornalisti multimediali (senza tesserino), laureati e formati presso università specifiche, capaci di scrivere e parlare correttamente italiano (possibilmente senza accento romano, napoletano, siciliano o bergamasco), competenti in specifici settori (odio la figura del tuttologo).
    I giornali di carta non spariranno tanto presto. Moriranno alcuni giornali di settore (informatica, tecnologia in generale,…).
    Forse avverrà un fenomeno di involuzione delle masse al contrarie: tutti useranno internet e saranno la massa meno evoluta, pochi altri continueranno a utilizzare e leggere la stampa che nel frattempo avrà migliorato la qualità dei propri giornalisti.
    Internet rimane un mezzo:
    – non autorevole
    – senza le firme degli articoli
    – senza le date degli articoli
    – un gran parlare autoreferenziato di qualche migliaio di persone che si pensano opinionisti, giornalisti, fondisti del corsera, via così.
    Un’ultima cosa: il mondo dell’informazione vive grazie alla pubblicità. Oggi meno del 2% è investito su Internet. In Italia. E per i prossimi anni non cambierà. Quindi i grandi editori (con la e minuscola) continueranno a non-investire risorse di qualità su Internet.

  3. Interessantissima riflessione. L’integrazione delle due “scuole” sarebbe ideale per chi scrive e per chi legge: io seguo tg, giornali on line e blog e poi….. penso con la mia testa. ;-)***

  4. Avevano già profetizzato la fine del cartaceo nel 2005…e siamo acnora qui.

    Inoltre, per pulire i vetri, uno schermo di pc non è per nulla adatto :)

  5. 1)Io ancora alla versione online della Repubblica non sono riuscita a passare… mi piace avere la notizia fra le mani per poterla ritagliare e conservare, qualora mi servisse…
    2)Parallelamente mi tengo aggiornata tramite le notizie lampo dell’ansa
    3)I blog sono quasi fondamentali perchè ti permettono di essere informato, ma anche di replicare… non è poco..
    Eliminare la carta a favore del web o viceversa non lo trovo così costruttivo… se sono buoni entrambi perchè non sfruttarli per una visione globale?

  6. I miei 2cents.
    Auspico la repentina dipartita della carta stampata:

    – inquina
    – non serve a niente
    – non fornisce notizie fresche: leggiamo quello che è successo ieri
    – la maggior parte dei quotidiani, riviste, rivistine, sono pagati coi soldi dei contribuenti
    – non consente di avere visioni ampie e fare confronti a meno di non acquistare TUTTI i quotidiani in edicola (con gioia degli indios della foresta amazzonica)

    Non credo che chi utilizzerà internet sarà la massa meno evoluta: come in tutte le cose, l’uomo è dotato di cervello, e se vorrà usarlo saprà confrontare, riconoscere, farsi un’idea. Il vantaggio sarà l’opportunità di avere una visione a 360° delle cose (cerco informazioni su un argomento, alcune autorevoli, altre meno, le incollo nella mia tabella mentael, faccio una scrematura, tiro fuori la mia idea).
    Altro discorso: l’autorevolezza. Delle fonti? Dei giornalisti? Delle testate? Di chi, o cosa? Come in tutte le cose ci sono le persone, ci sono giornalisti autorevoli e altri meno, quelli che controllano le fonti e quelli che le inventano, etc. etc. Sulle testate, l’autorevolezza è la differenza fra gli investimenti pubblicitari, i nomi di grido e la raccolta pubblicitaria. Se positiva, una testata è autorevole.

    Il parlare autoreferenziato è vero, ma è come se il discorso si fosse spostato dalla posta del cuore a un monologo disintermediato, dove chi legge saprà cosa gli interessa veramente (nessuno è costretto a leggere i blog che non gli piacciono, o a visitare i siti che non parlano di argomenti interessanti)

    Il problema semmai è la gestione dell’informazione, che sarà non più filtrata a monte; starà a ciascuno di noi attivare o riattivare il proprio cervello per fare in modo di tirarne fuori qualcosa di costruttivo (per se stessi, chè non siamo santi e siamo tutti autoreferenziali)

    Starà poi a ciascuno di noi interagire, senza necessità della busta preaffrancata con cui scrivevamo la lettera al direttore.

    Sulla raccolta pubblicitaria: internet vale il 2% dell’obsoleto mercato pubblicitario italiano, dominato dall’auditel, audipress e ahimè, audiweb, che garantiscono autorevolezza alla rete televisiva o alla testata. Ok. Questa quota crescerà a dismisura (ha già superato il cinema, ottimo strumento pubblicitario), supera la radio, supererà la tv quando le aziende si accorgeranno che le persone passano molto più tempo ad osservare lo schermo del pc che quello della tv. Con o senza consapevolezza, per entrambi…

    Riparliamone fra 5 o 10 anni (come popolo, siamo lenti a reagire a tutto ciò che funziona…)

  7. Tillo: io non credo che la massa meno evoluta userà internet; ad oggi, stando agli ultimi sondaggi, i cosiddetti heavy users della rete sono quei (pochi, in Italia) che vengono definiti forti lettori e forti consumatori di musica e cultura in genere (teatri, spettacoli, etc). Per cui non credo ci sarà un’inversione di tendenza. Serve, quello sì, maggior accuratezza nei contenuti informativi online. Il problema delle date e delle firme è grande. D’altro canto, le percentuali della pubblicità che citi fanno sì che quella online sia un’informazione ancora “libera”. Nelle redazioni cartacee, ormai lo sanno tutti, il timone è deciso in base agli investimenti pubblicitari e anche graficamente molti pezzi sono letteralmente massacrati perché resi illeggibili da pagine pubblicitarie che spezzano il contenuto.
    Neuville: sono d’accordo sul filtro personale. Il cartaceo, bene o male, forniva al lettore una griglia di interpretazione della realtà che con la rete non esiste più. La domanda è: siamo tutti in grado di filtrare le informazioni e farci un’idea autonoma e chiara? Abbiamo gli strumenti? O rischiamo una confusione totale?

  8. Blimunda, secondo me la domanda è: i tuoi insegnanti, a scuola, hanno mai detto a voi ragazzi: leggete molto e fatevi un’idea delle cose? Nelle mia scuole non è mai successo, e credo in buona parte delle scuole italiane. Credo sia questo il motivo principale per cui noi italiani non abbiamo una coscienza civile, o ce l’abbiamo solo quando le cose ci toccano personalmente.

    Forse l’eccessiva disponibilità di informazioni ci fa solo paura, per questo continuiamo a finanziare La Repubblica, Il Corriere e Libero: abbiamo bisogno che qualcuno ci spieghi come stanno le cose, perchè da soli non siamo in grado…

    Sugli utilizzatori di internet, poi, siamo fra i Paesi Europei meno sviluppati per una semplici ragioni: internet è fatto di hardware, software e connettività: quando una di queste tre cose non è disponibile, o è disponibile in un regime di monopolio, si fa fatica a considerare internet nelle proprie priorità d’acquisto se si guadagnano meno di mille euro mese. Internet potrebbe essere (e lo è) uno strumento di riscatto formidabile per tutte quelle persone e aree geografiche che sono tagliate fuori dal business, dagli affari, dai centri di potere.

    Riparliamone, anche di questo, quando ci saranno pc funzionanti e connettività diffusa in tutto lo stivale, a partire dalle scuole…

  9. In risposta a Neuville, ecco cosa succede in UK:

    Despite the rise of online news sites, more than two-thirds of Britons still like to read their news in print, and one-third read both online and print, according to a new survey by Lightspeed Research.

    Many UK readers don’t go online at all for their news. The top “red tabloid” papers have the highest proportion of print-only readership: 56% of Sun readers don’t visit any online news websites, followed by 52% of Daily Mirror readers, 51% of Daily Mail readers and 50% of The Express readers.

    As for online-only news readership, one-fifth of visitors to guardian.co.uk and timesonline.co.uk don’t read any printed papers, closely followed by 18% of independent.co.uk and telegraph.co.uk readers.

    By comparison, only 14% of sun.co.uk and mirror.co.uk readers and 11% of express.co.uk don’t read a print edition at all.

    “What we did see across all the titles was brand loyalty. With news being available across a range of different media choices, strong, differentiated news brands are crucial. As the newspapers invest more in their online presence, publishers and editors need to understand why a reader chooses a particular newspaper, and build on that strength”, said David Day, CEO of Lightspeed Europe.

    fonte: Lightspeed Research

  10. Tillo, molto interessante. Quindi la fidelizzazione al marchio, alla testata, va oltre la dicotomia online/offline. E le due readership spesso non si sovrappongono. Interessante, anche se forse non sorprendente, il fatto che i lettori di tabloid non vadano online.

  11. Ciao Tillo,
    bisognerebbe anche però vedere come funziona la stampa negli altri Paesi. Ci sono finanziamenti governativi? Ci sono pressioni dalle parti politiche? Ci sono rimaneggiamenti di budget? Ci sono investitori pubblicitari che allo stesso tempo detengono parti o tutte le quote azionarie dei giornali citati? I giornalisti sono liberi (in Italia non mi sembra tutti lo siano)

    In generale, comunque, credo che il discorso vada un po al di là della statistica (che fa sempre bene, comunque); a me piaceva considerarlo un tema di opportunità: i giornali di carta non spariranno nei prossimi cinque anni, questo lo sappiamo tutti; il 20% di online-only del guardian dovrebbe farti riflettere. Internet esiste da meno di dieci anni in forma fruibile e completa, e ha già una bella fetta. Il guardian esiste dal 1821 (da Wikipedia). Se trasformiamo quel 20% in un numero, forse in dieci anni il Guardian non aveva quella quota.

    Il discorso mi pare, oltre la readership, fosse anche quello della compliancy del giornalismo online (giornalisti veri vs. falsi fannulloni smanettoni o fonti certe vs. cut-n-paste sincopato). Altro discorso era quello dell’utilità della carta. Pensa solo a quanto sia diventato inutile oggi possedere un’enciclopedia. Pensa a quanto sia semplice ottenere l’anno di nascita del Guardian semplicemente cercando “Guardian” “wikipedia” (sarebbe interessante conoscere la brand awareness di quest’ultima) in Google.
    Pensa anche alla brand awreness di Google, che a memoria credo non abbia speso un solo dollaro in advertising in tutta la sua breve e fortunata storia. Digg. L’ottimo WordPress su cui gira questo blog. YouTube.

    Torno a bomba sulla ricerca: sarebbe interessante conoscere anche i dettagli dei profili analizzati: età, sesso, professione, località, stile di vita, etc. Quanti sono, chi sono, dove abitano e cosa fanno.

    Internet inizierà a girare sul serio col prossimo cambio generazionale: non mi aspetto che mia nonna, che legge La Repubblica da una vita e colleziona i fumetti, si compri un pc e la legga online. Non mi aspetto che i ragazzini dei paesini del sud, se le famiglie non hanno un livello socioculturale almeno medio, introducano in famiglia il concetto di *necessità* di uno strumento di (in)formazione come il pc. Non mi aspetto che lo Stato dia priorità alla connettività come strumento di libertà del popolo italiano (ricordiamoci che ci sono posti dove non c’è l’acqua corrente, e non è previsto di averla: dai nostri uffici di milano non si nota, ma esiste). Pensa alle accelerazioni del passato: opera > grammofono > vinile > walkman > cd > ipod (sicuramente ho saltato qualcosa). Man mano che ci si avvicina alla fine della freccia, la velocità aumenta. Il cd in pochi hanni ha letteralmente spazzato via il vecchio vinile. Letteralmente. La musica digitale non rimpiazza il cd (dovrebbe) semplicemente perchè gli interessi economici e politici sono troppo alti. Per il momento.

    Rifacciamo la ricerca fra 10 o 15 anni? :-)

  12. Ciao Neuville,

    tutto giusto, e io non pongo certo un freno al pensiero che il futuro sia lì.
    Ma in questo momento i segnali non sono certo confortanti, a mio giudizio:
    1. ribadisco il ruolo importante della pubblicità. Finché non ci saranno investimenti importanti (il 10% del totale adv, per esempio), gli editori non avranno grandi risorse da investire online (persone, know-how, tecnologia,…). E in Italia, la pubblicità online è ferma perché il nostro sistema prevede che il 70% del business sia gestito dai centrimedia, che chiedono alle concessionarie il 30% di over commission. Unico caso nel mondo. In Francia, alcuni anni fa una legge ha fatto ordine al sistema pubblicitario. In Italia, qualcuno ci ha provato ma senza successo.
    2. finché gli editori lanciano prodotti online “orientati al web 2.0” come questo:
    http://www.tenmagazine.it – credo che la strada sia ancora lunga.
    Ma è solo la mia opinione.

  13. “ho lavorato in redazioni solo online dove molti colleghi non avevano mai visto un file Xpress (beati loro: trattasi di software per l’impaginazione, responsabile del 60% di miopie e astigmatismi gravi).”

    Iniziavo a sospettarlo. Complimenti per la bella e lucida analisi. Il tema effettivamente è controverso…Io, come lettrice, alla carta non riesco a disaffezionarmi (anche se uso molto anche il web). Come giornalista non ho mai avuto scelta. Mai trovato una testata online che pagasse. Per chi lo fa questo mestiere è un problema. E non è solo questione di ‘pistola alla tempia’ (in realtà ho scritto gratis anche per la carta stampata fino a non troppo tempo fa).il punto è che bisogna ‘magnà’ :-)

  14. Rossa: bisogna magnà, hai ragione e come sottolinei l’online ancora non paga. Non solo: conosco poche realtà professionali dove si sfrutti così tanto e in modo così sfacciato il lavoro precario come il giornalismo (anche cartaceo). E su questo, da parte di Ordine dei giornalisti, editori e direttori, la stessa risposta da sempre: un assordante silenzio.

  15. ciao blimunda,
    volevo chiederti questo. L’associazione per cui lavoro ha questo sito. vorremmo migliorarlo e creare un magazine on line che però poi pubblica un due/tre numeri all’anno cartacei con alcuni articoli o su alcuni temi.
    Va migliorata la struttura dell’online, ne sono convinto, ma per andare sul cartaceo servono autorizzazioni in tribunale e varia altre cosette. Esistono che tu sappia web agency comunque realtà che siano specializzate nell’impostare questi servizi ‘ chiavi in mano’? Cioè non una semplice web agency generalista ma qualcuno che conosca a fondo – come forse te – i due mondi da poter fornire dei servizi buoni per entrambi?

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